Venezia-Alessandria Quel giorno Bianchi fece piangere il Penzo

VENEZIA. Ha segnato 43 gol con la maglia del Venezia, ma se chiedete a qualcuno che ha il cuore neroverde “ti ricordi di Bruno Bianchi? ” la risposta sarà immediata: quello che ci ha strappato la promozione con l’Alessandria. Strano destino di questo attaccante dal passo rapido, non altissimo ma forte anche di testa, capace di fare tanti gol e allo stesso tempo di farne fare a chi gli giocava al fianco. Una sorta di Calindri del calcio: tanti anni di teatro ad alto livello e la condanna del pubblico ad essere ricordato per quell’aperitivo bevuto al tavolino in mezzo alla strada. Bianchi? Va’a remengo Alessandria. Un comasco che ha messo radici in laguna e che in mezzo a sei campionati nel Venezia ne ha fatto uno con l’altrettanto gloriosa maglia dei grigi. Oggi al “Penzo” chi ha buona memoria se lo ricorderà, Bianchi. E quel pomeriggio del 17 giugno 1973.
«La prima cosa che mi torna in mente? Un Penzo strapieno, mai visto così» racconta adesso Bruno Bianchi, 65 anni, capelli in linea con il cognome ma un fisico ancora invidiabile, «a quei tempi la serie C era un torneo di ottimo livello e Venezia e Alessandria erano stabilmente ai primi posti».
Venezia avanti, con Parma e Udinese, Alessandria dietro. 2-0 per loro, addio promozione, e allo spareggio vanno Parma e Udinese. «Ho fatto fare il primo gol a Lorenzetti e poi ho firmato il secondo. Una punizione defilata, una decina di metri dalla parte dei distinti, verso la porta dalla parte del diporto velico. Una specie di tiro cross che ingannò il mio amico Seda. Gli anni successivi, tornato a Venezia, con Eros ci siamo presi in giro tante volte per quel gol. Il ciosoto, ogni volta che ci troviamo mi ripete che ho sbagliato il cross e non volevo segnare, io gli rispondo che ha sbagliato l’uscita... La verità è che quel Venezia giocò troppo teso, contratto, temendo di aver perso il campionato già la settimana prima con il pari a Solbiate. L’Alessandria invece arrivò rilassata, tre giorni di ritiro-relax a Chioggia...».
Lei esultò, senza l’ipocrisia degli ex di oggi. «Fare gol era il mio mestiere, per un attaccante è tutto. Ho esultato, come chiunque fa un gol in una partita importante. Niente contro il Venezia, comunque».
Però si prese anche del “traditore” da qualche tifoso. All’uscita dal campo, ai giardini. Se poi a distanza di 39 anni qualcuno ricorda ancora l’episodio... «I tifosi veneziani sono stupendi. Pensate che alla fine della partita i miei compagni tornarono ad Alessandria mentre io avevo casa al Lido e mi fermai per il lunedì. Da Sant’Elena al Lido, in vaporetto, me ne hanno dette di tutti i colori, ma già al lunedì mattina, mi invitavano a bere lo spritz con loro. Un modo di vivere il calcio ben lontano dalle tensioni di oggi».
Oggi si gioca Venezia - Alessandria. Sensazioni? «Mah, saranno forse 25 anni che non metto piede al Penzo, magari questa sarebbe stata l’occasione giusta, ma ho degli impegni personali e non ci sarò. Della mia Alessandria non ho sentito più nessuno, ho fatto un anno e basta, non faccio parte della loro storia. Era una bella squadra, con Dolso, Lorenzetti , Musa, Attilio Maldera e come allenatore Pippo Marchioro. Ma il mio cuore è neroverde. Come la maglia che facevo mettere ai miei compagni al tempo del collegio, come la maglia che ho amato di più nella mia carriera. L’arancio?No, grazie. Però faccio tifo per questo Venezia, al fischio finale mio figlio ha il compito di mandarmi il messaggio con il risultato».
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