Rugby, Italia da sogno: batte l’Australia 26-19 con le mete di Lynagh e Ioane
Gli azzurri di Quesada dominano per intensità e disciplina, conquistano il secondo successo consecutivo sui Wallabies e blindano il ranking mondiale in vista del Mondiale 2027

Sono gli australiani d’Italia a firmare il trionfo sull’Australia che quest’anno aveva messo sotto l’Argentina e i campioni del mondo del Sudafrica a domicilio. Uno è Louis Lynagh, figlio dell’icona Michael, nato a Treviso, e che ha rischiato di giocare ieri contro il fratello Tom, infortunato: segna lui la meta del pareggio, con veronica e sfondamento, dopo che incredibilmente l’arbitro Brace non ha visto un chiarissimo in avanti di Wilson e ha concesso meta a Gordon Carter, in campo dopo due anni di assenza.

L’altro è Monty Ioane, nato a Melbourne, indiavolato dal primo minuto, che si beve Harry Potter e – lui sì da mago consumato – si allunga beffando altri due avversari. Sarà il colpo del ko.
Uno-due. In tre minuti tre. Serviranno altri 18 minuti di sacrificio e resistenza, per incorniciare un match straordinario e dare il via al delirio dei 24 mila del Bluenergy. L’abbraccio agli azzurri nella passerella finale è da brividi. Oltre al nuovo scalpo dei Canguri, il secondo di fila dopo 20 sconfitte in 52 anni, l’Italia di Quesada guadagna punti per blindare il ranking in vista della World Cup 2027.
Ma dice al mondo che la seconda fascia le sta stretta, molto stretta. Ieri ha espresso gioco e personalità da grande potenza. Pressione difensiva asfissiante per togliere spazio e idee ai Canguri, che non ci hanno capito più niente; disciplina ferrea (6 calci concessi, 13 gli ospiti); e nel finale, raffica di scippi nelle ruck (dopo Zuliani, ecco il pilone Spagnolo e la ciliegina di Lorenzo Cannone) per espropriare gli ovali più scottanti ai disperati assalti del pack di Schimidt. Un collettivo che ha oscurato persino il flanker Mcreight, re mondiale della specialità.

E pure tatticamente, con poco possesso e territorio, gli azzurri hanno vinto il duello, con un Varney ed un Garbisi semplicemente sontuosi,il mediano man of the match, l’apertura pure infallibile dalla piazzola (6/6).
Last but not least, una forza mentale altre volte mancata. La mazzata della meta-beffa (diciamolo, un furto) avrebbe potuto mettere in ginocchio chiunque. Non Brex e compagni: lo sconcerto prima e la rabbia poi – il Tmo voleva l’in avanti, Brace è rimasto della sua idea, convinto fosse stato Zuliani a scippare l’ovale - in lucida, chirurgica furia agonistica, fatale ad un’Australia sempre più confusa. Un’azione dice tutto: sul +7, interminabile assalto Wallabies alla meta azzurra, il bunker di Quesada si immola e tiene, ed allora ben 14 Canguri provano a cercare il varco. Finché la diga azzurra tiene alta la percussione di Wilson, e ruba l’ennesimo pallone (saranno 13 alla fine).

Avesse Ruzza, dopo intercetto e cavalcata di 30 metri, trovato Menoncello all’interno, l’Italia avrebbe messo il successo in cassaforte molto prima. Garbisi voleva i il drop ammazzapartita, ma Cannone junior si faceva pescare in tenuto. Ancor prima, l’ovale era scoppiato in mano a Ioane in slalom fra gli avversari con tanto di finta.
La forza del gioco azzurro è tutta nel replay della meta decisiva: la potenza di Menoncello a 70 metri dalla linea bianca, il break di Varney dalla chiusa, i sostegni ed i rilanci, la nuova carica di Tommy per ritrovare la linea del vantaggio, infine il sigillo d’autore di Ioane. Standing ovation.
Anche la partenza degli azzurri era stata esplosiva, persino nel gioco aereo, ma non aveva prodotto che due penalty di Garbisi, vantaggio quasi recuperato dai Canguri con un potente drive, e poi da una meta di Bell in allungo dopo break profondo di Jake Gordon, con Wilson e Suaalii a rimorchio. Ma prima del riposo l’Italia aveva risposto con il terzo piazzato del cecchino. E al rientro in campo, prima della beffa, aveva saputo ricucire lo svantaggio capitalizzando la fallosità australiana. Il viatico al devastante, arrabbiato finale. —
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