Monaco, doppio ex senza nostalgia

Mezzala di classe, nel 1970 passò dal Sottomarina alla Massese in serie B

CHIOGGIA. Chioggia e Massa, due città legate, in passato, grazie al calcio. Una sorta di autostrada virtuale che correva dall’Adriatico al Tirreno, che partiva dallo stadio “Aldo e Dino Ballarin” ed arrivava allo stadio “Degli Oliveti”. Due i chioggiotti che all’alba degli anni Settanta sono approdati tra i bianconeri toscani: Giorgio Monaco il primo, poi Franco Cerilli. Casualità? «Non lo so – racconta e ricorda proprio Giorgio Monaco, centrocampista alla Antognoni, oggi sessantaduenne gestore di un noto negozio di abbigliamento sportivo in pieno centro di Sottomarina – arrivavamo entrambi dalla stessa società, il Sottomarina, ma con percorsi diversi. Sono arrivato alla Massese nel campionato 1970-71. Eravamo in Serie B, avevo solo vent’anni ma durante la preparazione sentivo la fiducia del mister. Infatti alla prima amichevole fui schierato tra i titolari, chiaro segnale che l’allenatore credeva in me. Ad un quarto d’ora dal termine però accusai un infortunio muscolare. Allora le metodologie di lavoro non erano le stesse di adesso. In poche parole l’infortunio si aggravò e rimasi fuori per sei mesi. Rientrai per giocare le ultime dodici partite, ma la squadra ormai era già messa male e, a fine stagione, retrocedemmo in Serie C. Rimasi a Massa altri due anni, arrivò anche Cerilli, poi passai a Frosinone dove, sempre in serie C, feci piuttosto bene accanto ad un grande talento, quel Massimo Palanca poi esploso nel Catanzaro». Da Chioggia a Massa, a vent’anni non deve essere stato molto facile. «In realtà Massa è una città un po’ più grande di Chioggia, non si stava male, ricordo che in quegli anni di fermenti politici era la capitale della sinistra estrema». Da Massa a Frosinone e poi il ritorno alla quarta serie, per una carriera che poteva essere ma che non è stata. «Purtroppo l’infortunio mi condizionò parecchio. Presi il diploma Isef a Firenze e capii che sacrificarsi, allora, per giocare in Serie C non ne valeva la pena. Ebbi la fortuna di insegnare e di continuare a giocare. Ho vestito le maglie del Dolo, del Giorgione ed ho chiuso con l’Union Cs. Poi avevo il negozio da seguire e con il calcio non si conciliava. Oggi con il pallone ho chiuso definitivamente. Rimane la passione, guardo qualche partita in tivù, ma non sento emozione. Mancano personaggi come Giampiero Vitali. Clodiense-Massese in tivù? Mah, forse una sbirciatina la dò...». (d.z.)

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