Massimo Guerra, il piacere del ritorno
«Non potevo chiudere la carriera nel basket senza indossare di nuovo la maglia Reyer»

MESTRE. «Il basket non è un lavoro, è un divertimento. Non ho mai fatto una questione di soldi, sono andato dove sapevo di potermi divertire, magari cercando anche di ottenere risultati. Mi sarebbe dispiaciuto chiudere la carriera senza indossare di nuovo la maglia della Reyer». Un peso che Massimo Guerra si è tolto, tredici anni dopo aver salutato il club granata, allora targato Acqua Lora, per imboccare la strada di Montecatini.
Guerra è un pezzo della storia della Reyer nell’ultimo trentennio: 129 presenze in 7 stagioni in prima squadra, 1.248 minuti giocati e 2.726 punti realizzati (285/526 da 2, 186/488 da 3, 130/161 nei liberi) con l’aggiunta di 190 rimbalzi e 116 assist. Allenatori importanti, da Zorzi a Skansi, da Calamai a Vitucci, da Andy Russo a De Sisti. Prima partita in granata nel 1987 per sostituire l’infortunato Dalipagic contro Cantù, ultima gara a Trieste (61-89, 13 punti) il 10 aprile 1994.
«Mi sembra di essere tornato indietro di 10 anni. La gente mi ferma per strada, è una sensazione piacevole. Mi sembra di non aver mai lasciato questa società, e invece sono passati 13 anni». Durante i quali Guerra ha vissuto a Montecatini, Trieste, Pozzuoli, Jesi, Messina, Rieti, Imola e Caserta. «Era ora di ritornare a casa». Casa sua adesso è a Millepertiche, dove vive con la moglie Michela e la figlia Francesca, sei anni e mezzo.
«Giocavo a Jesolo, il compianto Lelli aveva creato un sistema interessante di club che gravitavano intorno alla Reyer. A 14 anni, terminate le medie, arrivai a Venezia. Il ricordo più bello? Nessun dubbio. La partita di Masnago contro Varese che regalò alla Scaini di De Sisti la promozione in A/1. Mi ricordo il bagno di folla sulle gradinate, e un tifoso d’eccezione, Mario Guerrasio». Il capitano si è ritirato, forse ci sarà il passaggio di consegne dei gradi proprio con Guerra. «Mi piacerebbe, sarei orgoglioso, ma il capitano deve sceglierlo lo spogliatoio».
L’alternativa a Guerra è Sartori, la leadership se la giocheranno loro due. Affezionatissimo al numero 8, Guerra potrebbe fare uno strappo. «Un anno, mi scambiai la maglia con Andrea Meneghin, che portava il 20. In quella partita realizzai 20 punti e nacque la battuta “Venti di Guerra”. Era la risposta al calciatore Gatti che scelse il numero 44». Frasi da cabarettista. «Mi piace scherzare, la battuta è pronta, a Trieste mi diedero uno spazio televisivo per le interviste impossibili di Capitan Guerra. Magari ci inventeremo qualcosa anche per i tifosi della Reyer».
Guerra nel quintetto base della Reyer degli ultimi 25 anni, in compagnia di chi? «In cabina di regia chiamerei l’avvocato Mastroianni, i due stranieri sarebbero Dalipagic e Radovanovic, vado sul sicuro. L’ala? Il vecio Coppari, impagabile, in campo e fuori». E in panchina? «Sono nostalgico e legato alla venezianità: allenatore Francesco Vitucci, direttore tecnico Zorzi. Sarebbe un binomio formidabile. Andy Russo? E chi non lo ricorda? Personaggio folkloristico, buon allenatore, buon insegnante, ma per i giovani, era un coach da college». E infatti la Reyer retrocesse in A/2.
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