Mariani, il doppio ex «Domani vorrei che Venezia e Torino pareggiassero 2-2»

L’AMARCORD
«Quanto vorrei avere trent’anni in meno e giocare la partita di domani sera: un tempo con la maglia del Torino, un tempo con quella del Venezia, magari chiedendo in prestito la fascia da capitano. Sono giorni che penso a questa gara, nessun dubbio: è la “mia” partita”. Pietro “Pedro” Mariani, 59 anni, osserva da lontano l’evolversi del campionato italiano, da sei anni si è trasferito in Ungheria, a Debrecen («Si vive molto bene, non c’è il caos turistico di Budapest»), dopo essersi sposato con la ex pallavolista magiara Ildikò Vojth: il giocatore che visse “due volte”, prima da attaccante, quando era giovane, e poi da difensore centrale. Cresciuto nel Torino, un triennio indimenticabile nel Venezia dal 1992 al 1995 con 90 presenze e 4 reti in campionato.
Come sta il Torino?
«Bene, benissimo, ha disputato una grandissima partita contro la Lazio, meritava di vincere ampiamente e invece, per l’imponderabilità del calcio, ha dovuto accontentarsi di un punto. Una beffa. Si vede la mano di Juric, allenatore con carattere da Toro, uno dei migliori sulla piazza».
E Zanetti?
«Bravo, bravissimo, non per niente è un ex Torino anche lui. Trasmette alla squadra il suo carattere, in Serie B il Venezia giocava un calcio straordinario. Quando alla fine del girone d’andata stentava a livello di risultati, io mettevo tutti in guardia, perché stava giocando ugualmente bene. Non avevo dubbi che avrebbe centrato almeno i playoff. Se lo stadio fosse stato aperto sarei venuto a Venezia a far festa con tanti vecchi amici».
Come furono gli anni al Torino?
«Un sogno, quello di un bambino di 12 anni catapultato in una grande società e in una grande città. Non credevo che i miei genitori mi lasciassero andare, invece quasi mi incoraggiarono a partire. Abitavo nel convitto in Corso Vittorio Emanuele, il Torino era una delle società all’avanguardia all’epoca con i giovani, come l’Atalanta. Un’esperienza che mi forgiò, diventai un giocatore, ma anche un uomo».
Gigi Radice si “innamorò” di Mariani, che poi ritrovò a Bologna, gol a raffica nelle giovanili tanto da meritare il soprannome di Pedro Abracadabra. Venezia sfavorito nella sfida con il Torino?
«No, assolutamente. È una squadra che sta crescendo molto, mi è piaciuta l’organizzazione tattica di San Siro, poi la differenza l’hanno fatta i cambi. La qualità dei giocatori del Milan è altissima, anche di chi inizialmente sedeva in panchina».
Un segreto del triennio veneziano?
«Potevo e volevo ochiudere la carriera in arancioneroverde, stavo parlando con Zamparini per rinnovare il contratto, anche abbassandomi l’ingaggio. Venezia era ormai casa mia, avevo anche preso una barchetta con cui uscivo spesso in laguna nei giorni di riposo. Abitavo a Favaro, non me ne sarei mai andato. A fine stagione, Landri sostituì Sogliano, preferendo Tomasoni. Zamparini avrebbe potuto imporsi, non lo fece, ma già da qualche tempo era meno presente, si vedeva poco in sede, delegava sempre di più. Me ne andai con il magone, piansi in auto a lungo ritornando verso casa».
Un rimpianto dell’esperienza in laguna?
«Non aver regalato la promozione in Serie A a tifosi stupendi. Mi sentivo uno di loro, arrivarono a fondare la Brigata Autonoma Pedro Mariani, sono in contatto ancora con tanti di loro, partecipo volentieri anche a qualche trasmissione via internet. Senza il caso-Conte, quel Venezia sarebbe andato in Serie A, ne parlavo qualche giorno fa proprio con Ventura, giocavamo un calcio bellissimo. Avrei voluto arrivare alla finale della Coppa Italia, dopo aver eliminato la Fiorentina di Batistuta e la Juventus dei campioni. Purtroppo non fummo fortunati nella doppia sfida contro l’Ancona».
Come finirà domani sera?
«Da doppio ex, mi auguro in pareggio, con tanti gol, due a due diciamo. Da tifoso, metterei una tripla, è una partita che può terminare con qualsiasi risultato». —
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