I campioni di sempre: meno capelli e stessa gioia

SPINEA. Rivedersi dopo tanti anni con qualche capello bianco o ruga in più, magari non accompagnati dalla morosa ma da moglie e figli. Sorrisi, abbracci e un filo di commozione nel saliscendi di emozioni che ha caratterizzato molti dei protagonisti della festa di ieri. Dal mazzo dei campioni ne peschiamo alcuni, ed ecco che il primo è Patrizio Sarto, un monumento della disciplina, oggi primario di Medicina dello Sport all’Asl 9 trevigiana. «Sto provando una gioia indescrivibile nel rivedere tante persone. In questa sala ci sono quarant’anni di storia del pattinaggio e della Pattinatori Spinea. Si respira un clima speciale ed il mio tavolo sembra essersi fermato nel tempo, condividendo emozioni e ricordi con tanti amici e compagni di squadra. Cos’è cambiato oggi nel nostro ambiente? Che l’Italia è rimasta indietro, facendo qualche sbaglio si è persa una grande occasione per continuare a dominare. Ma la grande amarezza è il non aver potuto mai disputare le Olimpiadi, il pattinaggio deve essere inserito tra gli sport olimpici. Io ci sono stato solo da medico al seguito della squadra di biathlon a Salt Lake City, e da pattinatore sento che sono stato privato, come molti colleghi, del confronto con quella esperienza». Marco Zangarini non smette un attimo di sorridere, è la gioia in persona. «Saremo anche invecchiati un po’, ma negli occhi abbiamo lo spirito di sempre, quello che questo sport ci ha insegnato e che consiglio ai bambini. Il ricordo più bello è il primo titolo italiano, nel 1993, alla prima gara. Però anche il record mondiale dei 5000 è speciale, con il grande Ippolito Sanfratello al mio fianco. Pensare che tra un po’ iniziano le gare indoor, quasi mi verrebbe voglia di mettere i pattini…». Il fratello Francesco va sul sicuro. «No, magari i pattini anche li metterei per farmi un giro, ma con le gare ho dato tutto, ora basta. Anche se una garetta tra vecchietti, chissà. Il bello di questa festa» aggiunge Francesco Zangarini, «è che non parliamo delle vittorie ottenute, ma degli scherzi che ci facevamo. Eravamo dei giocherelloni e ne abbiamo fatte di tutti i colori. Il pattinaggio era la nostra vita e ora è bello rivedersi». Andrea Bighin viene indicato come l’uomo dei cerotti, ed è il solo di questo gruppetto che è rimasto nel giro. «Alleno a Casier, ma sì, quando gareggiavo mi sono sbucciato gambe e braccia, come tutti. Cicatrici che si vedono ancora, ma ricordo più volentieri le vittorie. Spinea mi è rimasta dentro, sarà sempre casa mia. E tornarci da allenatore è ogni volta speciale». Luca Antoniel dal 1990 al 1995 ha lasciato il segno nel mondo del pattinaggio e spiega: «A Spinea vivevi come in una famiglia ma da professionista. Mi hanno dato tutto e ho dato altrettanto. Ora il nostro mondo è tutto diverso. Il pattino in linea ha cambiato radicalmente la disciplina, facendo perdere ottant’anni di storia del pattino tradizionale. Persi allenatori e atleti, solo in pochi sono sopravvissuti al cambio, e ora se ne paga il conto, perché il serbatoio non è più quello di una volta. L’Italia ha meno atleti e va fatto qualcosa per riprenderci la nostra leadership, iniziando da un cambio sostanziale di dirigenti federali».
Simone Bianchi
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