Giorgia, il basket nel sangue

La giovane Callegari (classe 1996) nipote del leggendario Cedolini

MESTRE

Un pallone, un canestro, un parquet attraverso tre generazioni, dal nonno alla nipote. Il primo, Giorgio Cedolini, ha segnato pagine indelebili della storia della Reyer, la nipote, Giorgia Callegari, classe 1996, gioca nella Serenissima in serie C e con l’Under 17 dell’Umana. Quasi sessant’anni di storia granata («Era il 1954 quando ho indossato per la prima volta la maglia della Reyer», ricorda nonno Giorgio, che settantenne continua ancora a giocare a Spinea nel campionato Csi), pagine scritte insieme ai fratelli (Sandro e Franco, poi diventato un fuoriclasse nel bridge), ai figli (Marina, la mamma di Giorgia, Nicola e Marco, che giocano insieme in Promozione nel BIG Santa Maria di Sala, e Paola, ancora in attività a Spresiano in serie C, oltre ad insegnare all’istituto Berna). Adesso è l’ora di Giorgia. «All’asilo avevo già il pallone da pallacanestro in mano, mia mamma ha tentato vanamente di mandarmi a danza – ricorda Giorgia Callegari, iscritta al liceo linguistico Maiorana di Mirano – il passaggio alla Pallacanestro Mirano era scontato, all’inizio ero l’unica femmina con 24 maschi. Sono alla Reyer dall’anno scorso. Mio nonno mi dà tantissimi consigli, spesso sono a casa sua a giocare. Il mio ruolo? Ho iniziato da play, adesso gioco ala, sono un’esterna».

«Ha tanta voglia di imparare – aggiunge nonno Giorgio – sta ancora crescendo, adesso è 1.80, insieme facciamo degli allenamenti particolari proprio per migliorare nei fondamentali». Giorgio Cedolini è stato il perno della Reyer di Gigi Marsico e Giulio Geroli, le statistiche gli danno 151 presenze e 1.884 punti, in un periodo in cui non esistevano i computer e tutto veniva registrato a mano, come i quaderni di Cedolini, che sono entrati nella leggenda. Domenica prossima Giorgia Callegari tornerà a fronteggiare la zia Paola nel derby di Spresiano. «L’ho marcata anche all’andata, è una sensazione strana, una sfida in famiglia. Ci ha fatto soffrire, tanto che vincemmo solo dopo due tempi supplementari». (m.c.)

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