Franco “Cina” Pezzato, quei gol di una volta «Ma il più bello me l’hanno annullato...»

Il bomber di Mira, ora 72enne, vive per molti mesi all’anno in Kenia. Ma non dimentica le gioie vissute con Spal e Padova



Franco Pezzato una vita da bomber. Ogni tanto Franco Pezzato torna a Mira, nella sua Mira. La sua patria, divisa con quella nuova, attuale, la “sua” Africa. E in occasione del 72° compleanno (è nato il 6 gennaio 1947), lui, poco amante delle interviste, ha accettato di chiudere gli occhi e ripercorrere una vita fatta di gol, di sogni, di speranze e qualche volta di disillusioni. Nei prossimi giorni ripartirà per il Kenia, dove emigra per passare il periodo invernale in un clima sicuramente più mite. «Sono andato per la prima volta in Africa quattordici anni fa, con alcuni amici e con mia moglie Manuela» ricorda Pezzato «e sono rimasto stregato dalla natura e dalla bellezza del paesaggio. Inoltre c’è una nutrita comunità di italiani con cui abbiamo subito legato a Malindi. Il clima caldo mi aiuta a superare le botte prese in tutti gli anni della mia carriera...» aggiunge sorridendo. Una carriera iniziata nel lontano 1960 con il Mira, la squadra del paese dove, e chiusa nella stagione 1983-1984 alla Spal, dover era giusto che si chiudesse il percorso del Pezzato calciatore. Se a Padova è ricordato per i tanti gol messi a segno, a Ferrara il “Cina” è considerato un pezzo di storia della gloriosa Spal. «A Ferrara sono sempre tornato con piacere. Credo di essere l’unico giocatore ad essere rientrato per ben quattro volte nella stessa società. Alla Spal devo molto. Lì ho trovato la prima volta una società che mi ha permesso di cominciare a vincere e che mi ha fatto diventare un vero calciatore. Ferrara rimane nel mio cuore per quello che mi ha dato, per l’ambiente che il commendator Mazza ha saputo creare, fatto di fratellanza e di uno stile societario d’esempio per tutti». Ancora oggi quando Pezzato torna nella città emiliana vengono riservati grandi accoglienze, e nel 2017 è stato nominato il miglior cannoniere della storia della società. «Ho fatto credo 81 reti con quella maglia. Indimenticabili, alcuni di quelli ancora oggi li ricordo con piacere. Poi lì trovai sia uno degli allenatori che mi apprezzarono di più, Caciagli, che con Pietro Bacchini, il mister del Mira che mi lanciò in prima squadra a 16 anni quando la società rivierasca militava in Prima Categoria, seppe sfruttare al meglio le mie caratteristiche».

Una punta veloce che sapeva anticipare l’avversario. «Sono sempre stato un uomo d’area, sapevo cogliere l’attimo. E gli undici metri erano la mia distanza preferita. Non che abbia mai tirato i rigori, ma ero quello che si definisce un rapinatore dell’area di rigore. Poi sapevo colpire molto bene di testa. Avevo reattività nel saltare in alto e la capacità di rimanervi più degli altri. Mi ricordo, quando giocavo col Padova, il gol segnato alla Juventus in Coppa Italia nel 1982. Una squadra imbottita di campioni del mondo e talenti e io sbloccai il risultato saltando di testa più in alto di tutti su cross di Cerilli, in una difesa in cui c’erano Scirea e gli altri».

Tra le tante reti, quale quella più bella? «Il mio gol più bello, quello che mi hanno annullato» risponde sempre con il sorriso, «ero in serie B con la Spal contro il Foggia nel 1974. Dalla destra Donati, uno con cui ci intendevamo alla perfezione, mette in mezzo un pallone che io dal limite dell’area mi alzo per colpire in rovesciata. Palla in rete ma l’arbitro lo annulla per gioco pericoloso per la mia gamba troppo alta su Colla». Un gol anche da ex tra le altre cose. «Sì, avevo giocato con il Foggia nelle stagioni 1969-1971. Forse una delle mie peggiori stagioni da calciatore. Non mi ambientai mai e feci solo poche apparizioni. Nonostante tutto riuscimmo a centrare la promozione in A». Ma non ci fu mai l’esordio. «Esatto, non giocai mai in serie A, e questa rimane una domanda a cui non ho mai saputo dare una risposta. Perché non ebbi fortuna in Serie A? Perché non ci sono rimasto e mai più tornato? Sono gli enigmi del calcio. Forse nella mia epoca andavano centravanti con altre caratteristiche fisiche, potenti e robusti». Una grande carriera che tocca anche Padova. «Tornai a 32 anni, per fare da guida a un gruppo di giovanissimi. E ancora oggi mi ricordano con affetto».



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