Casa Lelj, qui si cresce a pane e calcio
Papà Beppe (ex Vicenza) e il figlio Tommaso a confronto

PANE E CALCIO IN FAMIGLIA. Tommaso Lelj in azione con la maglia del Venezia A destra: papà Beppe tra Cerilli e Gibì Fabbri ai tempi del Real Vicenza
MESTRE.
Cosa significa essere il figlio di Lelj? «Significa passare le domeniche in compagnia, chessò, di Paolo Rossi oppure di Carrera, Cerilli, Briaschi. Fare amicizia con i figli di questi miti, almeno per un vicentino, e incrociarsi poi sui campi uno contro l'altro. Premetto una cosa, per motivi anagrafici non l'ho mai visto giocare dal vivo (fra i due corrono 33 anni, classe '52 il papà, nato nell'85 Tommaso, ndr.) ma soprattutto quando ero a Vicenza tutti lo ricordavano per quelle stagioni "Real", quando sapevano chi ero i vecchi tifosi mi fermavano per parlarmi di lui. E allora sono andato a guardarmi qualche vecchio filmato e ho ammirato un marcatore vecchio stampo, con un fisico tarchiato che oggi difficilmente troviamo, almeno ad alto livello...». Giuseppe Lelj non raccoglie la provocazione del figlio e ricorda i primi passi di Tommaso. «Ha sempre giocato, anche in vivai importanti, ma si è sviluppato tardi, anche fisicamente. I piedi erano buoni, peccava di velocità ma è ancora in tempo per togliersi soddisfazioni. Ne ho visti di presunti fenomeni a 15-16 anni perdersi in fretta, lui a 25 nel Venezia ha una bella chance da giocarsi. Quando quest'estate mi ha parlato della proposta veneziana, gli ho suggerito di coglierla al volo ricordando che solo quando vivi le pressioni di un club blasonato puoi dirti giocatore vero». Essere il "figlio di Lelj" non ha schiacciato la personalità di Tommaso. «Quando i figli non ti hanno visto giocare - continua Lelj senior - fanno fatica a capire. Mi dice, come facevi con quel fisico a tenere il campo? Davvero hai giocato a certi livelli? Ed ecco lo stupore, faccio un esempio, quando mi sono trovato con Marcello Lippi, mio vecchio compagno alla Samp, e con lui abbiamo fatto notte fonda ricordando i tempi andati...». Insomma papà Lelj è una presenza costante ma discreta. «E' presente nelle scelte fondamentali della mia carriera - continua Tommaso - ma è uomo di poche parole e quando parla lo fa soprattutto per criticare. Ha visto il match col Montecchio, la sera a cena non mi ha detto nulla, chiaro segnale che gli ero piaciuto. Con lui si allarga il discorso, si parla della partita ma non nel dettaglio della mia prestazione. E le sue critiche sono costruttive». E infatti Giuseppe Lelj non si lascia scappare l'occasione per dare un giudizio sugli uomini allenati da Cunico. «Ho visto due partite, col Kras e col Montecchio. Una cosa balza agli occhi ovvero il potenziale offensivo superiore alla concorrenza che può mettere sul piatto. Collauto, Zubin, Di Napoli sono in grado di risolvere la partita in qualsiasi momento, ma non mi convince la fase difensiva. Il Venezia non può prendere così tanti gol, c'è qualcosa nel meccanismo che non funziona. Sistemi la difesa e vincerà il campionato in carrozza».
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