Bevilacqua, il mito del ciclismo che battagliò con Coppi e Bartali

Toni era un personaggio atipico, di lui si occuparono scrittori famosi Ha vinto 11 tappe delle corsa rosa, una Parigi-Roubaix e due Mondiali su pista
FRIGO TREVISO A CASA DELLA MOGLIE DEL CICLISTA ANTONIO BEVILACQUA
FRIGO TREVISO A CASA DELLA MOGLIE DEL CICLISTA ANTONIO BEVILACQUA

SANTA MARIA DI SALA. Antonio “Toni” Bevilacqua è morto nel 1972 a soli a soli 53 anni, ma a Santa Maria di Sala è ancora un mito. E non solo, visto che è stato più volte ricordato dal mondo del ciclismo. Per questo il Giro d’Italia lo omaggia oggi con l’arrivo della 18ª tappa, quella in partenza da Valdaora (Bolzano).

Campione. Gianni Brera lo amava e lo chiamò affettuosamente Labrón a causa del labbro enorme, ma il suo vero nome era Toni Bevilacqua. Uno straordinario personaggio, grande campione, vincitore di 11 tappe del Giro d’Italia, di una Parigi-Roubaix per distacco, di due titoli mondiali di inseguimento e cinque volte campione italiano. Il libro di Claudio Gregori è la storia della sua vita, a cavallo della Seconda guerra mondiale, delle sue imprese con Magni, Coppi, Bartali, della sua vita di uomo semplice ancorché grande campione e della sua morte, nel marzo del 1972, in un incidente stradale a Martellago mentre pedalava con due suoi allievi. L’agonia, all’ospedale di Mestre, durò cinque giorni. Sul luogo dell’incidente gli è stata dedicata una lapide commemorativa. La famiglia donò gli occhi e due ragazze poterono tornare a vedere grazie a lui; fu il suo ultimo atto d’amore.

Personaggio. Toni era talmente una persona atipica che, oltre a Gianni Brera, di lui si occuparono alcune grandi firme quali Dino Buzzati, Orio Vergani, Indro Montanelli e perfino Oriana Fallaci. La storia di Bevilacqua è in realtà la scusa per raccontare i suoi incontri con i potenti della terra come, ad esempio, Péron, presidente dell’Argentina, del suo amore per le donne, della guerra, dei suoi grandi avversari: Coppi, Bartali, Magni, Koblet, Bobet e Van Steenbergen.

Il Comune lo ricorda. Nella bacheca del Comune di Santa Maria di Sala, riservata ai campioni di ciclismo del Salese, assieme ai tanti trofei, è conservata la maglia iridata del campione del mondo di inseguimento. Una partitura della canzone a lui dedicata “Toni Bevilacqua (Labron)”, musica di Italo Salizzato, il testo in dialetto e in italiano di Carlo Zuccarato, racconta le gesta e la tragica sorte del campione di Via Gaffarello nella sua Sant’Angelo, frazione di Santa Maria di Sala.

Museo. A Cesiomaggiore (Belluno), nel paese del ciclismo, dove le vie principali portano il nome dei ciclisti più famosi, si trova il museo storico della bicicletta, intitolato a Toni Bevilacqua, e qui tantissime biciclette d’epoca aspettano il visitatore per raccontare la loro storia. Il “padre” del museo storico della bicicletta è stato Sergio Sanvido, classe 1928 e cesiolino doc, che ha dedicato l’intera vita alla bicicletta: ha fatto il riparatore, il restauratore e il commerciante di biciclette, e per tre anni, dal 1946 al 1949, ha anche partecipato a delle competizioni sportive. Vent’anni fa ha iniziato a raccogliere bici in tutto il mondo.

Nessuna bicicletta. Non è rimasta alcuna bici del campione. L’azienda produttrice Wilier Triestina di Bassano prese, al ritiro di Bevilacqua, tutte le sue bici. Alla moglie Adriana, che abita a Treviso, non è rimasto così alcun “cimelio”. Solo un collezionista padovano, Gianfranco Trevisan, possiede una bici da pista di “Toni”. —

Davide Vatrella

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