Webcam hackerate, il sito è attivo. Nuovi video alimentano il portale

La piattaforma scoperta dalla trevigiana Yarix è ancora fruibile e gli hacker potrebbero violare altre webcam. Nessuna cooperazione con le autorità delle Tonga dove è registrato il dominio

Rossana Santolin
Il frame di uno dei video rubati e diffusi nel sito svelato da Yarix
Il frame di uno dei video rubati e diffusi nel sito svelato da Yarix

Un nemico evanescente che si muove sotto gli occhi di tutti pur restando inafferrabile. Il sito scoperto dalla trevigiana Yarix dove sono fruibili video a sfondo sessuale rubati a migliaia di utenti inconsapevoli, è ancora online e continua a pubblicare nuovi contenuti.

Le indagini sono in corso, ma è solo l’inizio. A questo punto le difficoltà di intervenire su un dominio registrato all’estero si aggiunge l’impossibilità di controllare la diffusione dei video scaricati dal sito e poi messi in circolo attraverso chat o profili social.

A rischio altre webcam

Questo spiega perché nonostante il clamore sollevato dalla diffusione della notizia e gli sforzi della Polizia postale di Venezia, chiunque abbia accesso a internet può navigare senza filtri nel portale. I momenti intimi ottenuti hackerando videocamere di abitazioni private, studi medici e centri estetici, sono disponibili a pagamento. Il rischio che chi viene spiato lo rimanga per sempre è concreto.

Come lo è quello che il creatore del sito nel frattempo violi altri circuiti. In Italia sono circa 150 le videocamere violate su un totale di oltre 2 mila in tutti i continenti.

Nel nostro paese alcune sono state disattivate ma le vittime inconsapevoli e che probabilmente non sapranno mai di essere spiate, restano la maggioranza. Le loro vite vanno avanti, senza essere a conoscenza che qualcuno, dall’altra parte del mondo, le sta osservando mentre escono dalla doccia, mentre si sottopongono ad una visita mentre fanno l’amore con il proprio partner.

E chissà per quanto la cosa proseguirà. In materia di cybersicurezza non basta individuare il nemico per sconfiggerlo. Ciò dipende dalla scelta del creatore del sito di registrare il dominio alle Isole Tonga.

L’Italia non ha accordi di collaborazione con le autorità del Regno, le uniche con il potere di sollecitare il provider locale a chiudere il portale. Solo il gestore che fornisce il dominio e che dunque vende lo spazio virtuale per sviluppare la piattaforma, può intervenire.

La mancanza di collaborazione fra autorità giudiziarie e l’assenza leggi restrittive in materia di privacy favoriscono la registrazione di domini all’estero. Un arcipelago di isole disseminate in mezzo all’Oceano Pacifico è il luogo virtuale ideale per non farsi rintracciare e dove tutt’ora gli hacker continuano ad agire indisturbati. La prospettiva che non intacca gli sforzi della Polizia postale di Venezia che sta proseguendo con le indagini supportata dall’azienda trevigiana specializzata in cybersicurity.

Le falle nel sistema

La violazione dei circuiti di videosorveglianza non è una novità dell’ultima ora. La novità del sito svelato da Yarix sta nella raccolta e commercializzazione dei contenuti da un unico portale. La vulnerabilità dei circuiti sfruttate dagli hacker sono diverse.

“Admin” “Admin” è l’accoppiata password-utente di default più diffusa quando si installano sistemi ad uso domestico come le telecamere. Dimenticarsi di rinnovarle dopo il primo accesso è la classica leggerezza che offre il fianco ai criminali del web.

Un’altra vulnerabilità può essere la cosiddetta “back door”, una sorta di ingresso di sicurezza lasciato dal fornitore delle telecamere per accedere in caso di emergenza. Anche il cloud espone a notevoli rischi se non dotato di adeguati sistemi di protezione.

Diffusione incontrollata

Ammesso che un domani la piattaforma venga chiusa, le vittime rischiano di restare spiate per sempre per effetto della diffusione dei contenuti scaricati dal sito a pagamento (dai 20 ai 600 euro in base alla popolarità del contenuto) e diffusi nel mare magnum della rete dove rimuoverli o quanto meno fermarne la diffusione diventa impossibile, cancellando il diritto all’oblio delle vittime.

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