Veneto alla Lega, Lombardia a FdI: l’ok di Salvini per frenare Romeo

In questo modo il segretario riuscirebbe ad arginare le velleità del capogruppo del Carroccio a palazzo Madama investendo su Alberto Stefani

Laura Berlinghieri
Il segretario federale della Lega Salvini e il segretario lombardo Romeo
Il segretario federale della Lega Salvini e il segretario lombardo Romeo

Il Veneto alla Lega e, quando sarà, la Lombardia a Fratelli d’Italia. Dovrebbe essere questa la quadratura del cerchio per le prossime elezioni regionali; ma, comunque in attesa dell’ufficialità, non è una novità.

L’elemento in più consiste nel calcolo fatto da Matteo Salvini. Avere successo in Veneto, probabilmente con il suo fedelissimo Alberto Stefani – vice federale, con buoni rapporti anche con Luca Zaia – e quindi silenziare il malumore dei veneti dissidenti.

E, allo stesso tempo, frenare in Lombardia le velleità di Massimiliano Romeo: capogruppo del Carroccio a palazzo Madama, segretario regionale del partito, che punta al vertice della giunta. Ma anche esponente di spicco dell’ala anti salviniana del partito: sorta di bomba a orologeria, soprattutto in un eventuale ruolo, potente, di presidente di Regione. Cedendo l’incarico a Fratelli d’Italia, Salvini riuscirebbe a disinnescarlo.

D’altra parte, in Lombardia, la vita della Lega è difficile da tempo. Costretta, com’è, in un Consiglio regionale in cui a dettare legge sono soprattutto gli altri partiti del centrodestra.

Una situazione diametralmente opposta rispetto a quella del “parlamentino” veneto, nel quale, dei cinquanta consiglieri eletti, trentuno sono leghisti – e a inizio amministrazione erano ben trentaquattro.

Anche da queste parti, comunque, è un equilibrio destinato a sua volta a essere stravolto, alla volta del prossimo voto regionale, quando Fratelli d’Italia presumibilmente conquisterà una fetta di preferenze ben superiore a quella ottenuta cinque anni fa. Anche perché, come si diceva, la coalizione di centrodestra non ha ancora annunciato il nome del suo candidato, tantomeno il suo partito di provenienza.

Il solo candidato in corsa, allora, è l’esponente della coalizione progressista: Giovanni Manildo, l’ex sindaco (dem) di Treviso, che vinse contro lo “sceriffo” Gentilini, e questa volta viene sostenuto dal campo largo, schierato al completo. —

 

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