Tra Gavio, Pizzarotti e Cis prove di nuovo asse per guidare Serenissima

 VERONA.
È un piccolo granellino di sabbia in quella tempesta che sta rivoluzionando assetti proprietari e struttura finanziaria dell'Autostrada Brescia-Padova. È costituito da un gruppo di investitori che stanno tessendo un accordo per creare una newco e acquisire il 3,8% della Serenissima che il Comune di Padova vuole cedere. Si tratta della finanziaria Cis del veronese Bruno Tosoni, che già aveva raggiunto un'intesa di massima con il Comune, del gruppo delle costruzioni emiliano, Pizzarotti, e del gruppo autostradale che fa capo agli eredi Gavio. Se si dovesse guardare all'entità delle quote si potrebbe dire che è una delle tante operazioni che agitano il mondo autostradale, assetato di azionisti "privati".
 Pronti a sostituirsi agli enti locali che, al contrario, sono costretti a cedere le loro quote per rientrare negli stringenti patti di stabilità.
 Lo scenario.
Ma non è solo questo. Perché la tempesta di sabbia in corso sull'asse Est-Ovest che da Milano porta a Venezia, prima o poi si calmerà e si vedrà chiaro chi ha raggiunto l'obiettivo, ormai dichiarato da molti, di tenere insieme l'asse viario più trafficato d'Italia. E quel granellino potrebbe diventare un bel mucchio sul quale costruire: ha azionisti che si intrecciano lungo questa direttrice (i veronesi del Cis, il gruppo Gavio che ha partecipazioni nell'asse lombardo, i Pizzarotti che costruiscono già parte di quelle autostrade). Non entrerebbe in questo assetto il Fondo F2I di Vito Gamberale che è pur azionista di peso di Infracis.
 Lavori in corso.
Per ora quel che si vede su è una gran confusione dovuta ai "cantieri" aperti sull'assetto proprietario e finanziario delle principali concessionarie. Ci sono lavori in corso per ristrutturare la Brescia-Padova. C'è la corsa a trovare finanziatori per la costruzione delle grandi direttrici, Pedemontana Lombarda, Brebemi e Tangenziali est milanesi, con la Provincia di Milano che sta cercando di tirare in ballo la Cassa Depositi e Prestiti, che, a sua volta, sta progettando tra l'altro un suo fondo per le infrastrutture. Ci sono le banche e, in primis Intesa Sanpaolo, azionista principale della Serenissima, che ha quote altrettanto rilevanti in Pedemontana lombarda e Brebemi. Fuori da questo ci sono gli enti pubblici locali che sono stati protagonisti finora nell'assetto azionario e non hanno quattrini per continuare a impegnarsi in queste società, o cercano di venderle per sostenere le casse vuote delle loro istituzioni.
 Il nodo debiti.
La Serenissima è il cuore pulsante di quest'asse, se non altro perché e già in esercizio da tempo e, a breve, vivrà una sorta di ampliamento con l'avvio della costruzione delle tangenziali venete. Ma il gruppo deve affrontare ristrutturazioni importanti. A monte la struttura di controllo è un ginepraio di società frutto dell'accatastarsi, nel tempo, sia dei debiti fatti dall'azionista privato Rino Mario Gambari per prenderne il controllo (e quindi delle conseguenti garanzie chieste da Mediobanca) sia dell'ultimo intervento che ha visto l'ingresso, di fatto, come azionista di riferimento, di Intesa Sanpaolo, che è il principale creditore nonché depositario di azioni in pegno. Entra in questo assetto come azionista anche il Cis di Tosoni e la sua finanziaria che si occupa di infrastrutture, Infracis, entrambe partecipate con quote di minoranza dal gruppo Pizzarotti (che è anche protagonista della costruzione delle autostrade sull'asse lombardo). A valle della Serenissima ci sono grandi lavori per smontare un altro ginepraio, che è quello delle partecipazioni cresciute nel tempo sull'autostrada. Si punta a portarle in una holding, con l'effetto sia di razionalizzare il gruppo sia di attenuare l'effetto della svalutazione di alcune di esse (a partire da Infracom e dalla sua controllante Infragruppo) sui conti dell'autostrada bilanciandole con le plusvalenze insite in altre.
 Enti a secco.
Chiusi quelli che si potrebbero definire come i cantieri di ristrutturazione societaria si aprirà la seconda fase. Serenissima e i suoi azionisti devono affrontare un aumento di capitale, che in realtà, essendo emesso al nominale potrebbe, per chi ha quattrini per sottoscriverlo costituisce l'occasione per aumentare il valore della sua partecipazione prima di una eventuale vendita. Forse è per questo che alcuni enti locali, non pressati dall'urgenza, hanno deciso di aspettare. Ma è questa anche l'occasione per l'ingresso di altri azionisti e soprattutto per far emergere un gestore industriale, visto che è difficile che le banche possano fare anche questo mestiere. Un gestore che abbia anche l'ambizione o le potenzialità per costituire un trait d'union sull'asse veneto-lombardo. È forse presto per dire chi sarà, visti i problemi che ancora Serenissima deve risolvere. Ma la battaglia per piazzare le proprie posizioni sembra essere già iniziata.

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