Tamara e la poesia tecnologica
Le opere mobili della Kvesitadze al Padiglione della Georgia
La Georgia, nel suo Padiglione davanti alle Corderie dell'Arsenale in Campo della Tana, presenta progetti e opere estremamente diverse tra loro, continuando in quella tradizione che vuole l'arte georgiana contraddistinta da originalità e diversità. Quindi dipinti ad olio su tela con grandi figure realistiche che ritraggono il mondo femminile sulla scia di artisti precedenti vicini a un pannello che vuole raffigurare lo stato dell'essere umano attraverso le forme architettoniche. Particolari invece le figure meccaniche di Tamara Kvesitadze, realizzate in fibra di vetro e poi dipinte con acrilici e tecnica mista. Sono tutte in movimento grazie a meccanismi al loro interno creati uno a uno appositamente per ogni opera.
Lei afferma che il significato delle sue creazioni è proprio il movimento, l'unica cosa che esisteva all'inizio del mondo e che durerà in eterno. Sono figure poetiche più che tecnologiche, affascinati da osservare nel loro cercare un punto a cui non giungeranno mai. Come la figura circolare con la testa che si muove in un perenne circumnavigare lo spazio o la donna da sola, altera e raffinata, con le mani sulle spalle in un gesto di intimo raccoglimento, che si apre leggermente in tutta la sua lunghezza per mostrare il suo interno colorato di rosa fucsia. Tamara ha iniziato questo «gioco» vestendo le bambole di porcellana a casa di sua nonna quando era piccola per poi evolvere la sua tecnica fino a giungere a opere particolari, come «L'ultima cena», piatti e bicchieri bianchi sospesi nel nulla, tenuti su solo da fili di nylon trasparenti, in un'aurea metafisica al di là del tangibile.
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