Tajani: «Lista Zaia, cattiva idea». Ma il governatore non molla
Salvini: «Non perdo il sonno pensando al candidato». Il presidente veneto: «La data del voto? C’è ancora tempo». Domani 30 luglio altro vertice del centrodestra. Martella: «Una beffa che il nome del loro candidato venga individuato a Roma»

Tiene il punto sulla data. «L’ultima possibile è il 23 novembre. Significa che dovrò convocare il voto entro il 23 settembre. Il tempo è ancora molto».
Tiene il punto sulla “sua” lista. «Dimostrerebbe sensibilità nei confronti dei cittadini che, con ogni probabilità, altrimenti non andrebbero nemmeno a votare».
E non ci sta a rimanere escluso dal circuito nel quale si deciderà della sua eredità amministrativa. «Quando verrà deciso qualcosa, se non sarò stato coinvolto, dirò comunque la mia».
Terzo mandato o no, sempre dal Doge bisogna passare. Sempre da Luca Zaia: il presidente del Veneto che, forte del 44% (e oltre) di preferenze riscosso dalla sua lista nel 2020, non si arrende all’idea di vedere dissipato il suo patrimonio di voti bipartisan. E quindi Zaia non potrà tentare la rincorsa ai vent’anni di amministrazione, ma non si rassegna alla marginalizzazione politica, nel nome della successione.
La presenza di un’eventuale lista civica con il suo nome è forse una delle questioni più complesse che il tavolo di centrodestra è chiamato a risolvere. E si spiega anche così tutto il fiato che i leader nazionali dei partiti di centrodestra continuano a spendere, per parlarne.
Il no di Tajani
Ieri, lunedì 28 luglio, il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani ha cassato la proposta. «Una lista Zaia? I partiti devono fare le loro liste. Proporne una diversa da quella relativa al proprio partito sarebbe singolare e non mi parrebbe una buona idea: se ognuno si mettesse a fare liste personali, si creerebbe confusione nell'elettorato. Comunque ne parleremo». E i leghisti – gli zaiani, soprattutto – che speravano nel terzo mandato sanno quanto possa essere determinante il giudizio del vicepremier.
Quanto all’altro vice di Meloni – Salvini, il segretario federale della Lega – interpellato, ieri ha definito l’intera questione «una discussione giornalistica», spiegando poi: «Io e Luca ci sentiamo spesso, a me interessa garantire il buon governo del Veneto. Ma né io né lui passiamo le notti pensando al nome del candidato: è un dibattito giornalisticamente interessante, ma noi occupiamo di altro».
Un nuovo vertice
Ma proprio di elezioni e candidature si occuperanno i quattro leader di centrodestra – la premier Meloni, i suoi vice Tajani e Salvini, col presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi – domani 30 luglio sera, nel nuovo incontro, in programma a Roma, per comporre il quadro nelle sei Regioni al voto.
«Una beffa clamorosa – polemizza il segretario veneto del Partito Democratico, Andrea Martella – da parte di forze che per anni hanno sbandierato il vessillo dell'autonomia, ma che ora lasceranno scegliere il nome del candidato in Veneto alle segreterie romane».
Quanto al candidato del centrosinistra, ormai è cosa nota: si tratta dell’avvocato trevigiano Giovanni Manildo, che ha inaugurato la sua campagna elettorale sabato scorso, con il sostegno dell’intero arco dei partiti di centrosinistra.
Guardando a destra, invece, la situazione è decisamente più complessa, dato che tutti i partiti in corsa sembrano rivendicare la presidenza. La Lega freme, perché sa che a essere in gioco è la sua stessa sopravvivenza. E anche per questo, specularmente, FdI e Forza Italia temporeggiano, lasciando i compagni di coalizione cuocere a fuoco lento. «Non si tratta di fare in fare in fretta, ma di fare bene e trovare i candidati vincenti» sostiene Tajani. Mentre i leghisti, a partire dal segretario veneto Alberto Stefani, continuano a chiedere di «chiudere al più presto».
Domani sera si giocherà un nuovo round. Ma il 90esimo minuto non sembra all’orizzonte. —
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