Strangolati dal patto di stabilità
Grido di dolore del sindaco sui conti di Ca' Farsetti: «Bilanci in ordine, ma non possiamo impiegare i fondi in cassa». Cacciari: «O non rispettiamo le regole, o tagliamo i servizi»

I soldi promessi da Roma non arrivano più, gli incassi delle aziende calano, le spese fisse aumentano. E il Comune non può nemmeno spendere i soldi che ha in cassa per rispettare il «Patto di stabilità» imposto dal governo. Venezia rischia il collasso e il sindaco Cacciari annuncia battaglia: «La situazione è drammatica. O decidiamo di non rispettare il Patto o dovremo tagliare servizi e investimenti». Altro che federalismo. Mentre si discute di maggiori poteri agli enti locali ecco la scure firmata da Tremonti che «congela» in pratica la capacità di spesa degli enti locali. Anche quelli, come Venezia, che hanno i bilanci in ordine. Nel dettaglio, il decreto del governo 112 del 25 giugno, diventato legge il 22 dicembre 2008, istituisce nuove regole per il rispetto del Patto di stabilità. Chi sgarra non potrà assumere personale né fare mutui, dovrà ridurre l spese del 20 per cento comprese le indennità degli amministratori».
Non potranno essere calcolati come entrate i proventi che derivano dalla vendita di azioni e dall' alienazione di immobili. Significa che dal pacchetto di investimenti del 2009 dovranno essere stralciati i 40 milioni ottenuti con le ultime cartolarizzazioni e la quota totale si riduce di quasi il 50 per cento. Da 164 a 86 milioni, e per i prossimi nove mesi i soldi a disposizione per i mutui sono meno di 30 milioni.
«Assurdo», dice Cacciari, «ditemi voi come si fa a governare gli enti locali con regole che cambiano ogni anno. Noi abbiamo i bilanci in ordine, e siamo stati spinti sulla strada delle alienazioni, abbiamo anche approvato il fondo immobiliare come ci hanno suggerito. Adesso ci dicono che non li possiamo usare». Tutti i comuni italiani sono in movimento. In questi giorni l'Ance ha avviato una trattativa con il governo. «Ma non ha dato frutti», ribadisce Cacciari, «prepariamoci al peggio». Nessun frutto nemmeno dalla sentenza della Corte dei Conti della Lombardia che ha dato ragione al sindaco leghista di Varese nel suo ricorso contro il governo. «Le norme sul Patto sono contraddittorie rispetto ai principi di finanza locale più volte ribaditi dallo Stato», dice. Ma anche il pronunciamento della Corte non ha valore legislativo. «Non vogliamo aumentare tariffe e ridurre servizi», dice il prosindaco e assessore al Bilancio Michele Mognato, «dunque dovremo ridurre gli investimenti al minimo. E questo certo non farà bene all'economia in crisi e alla piccola e media impresa».
Crisi che rischia di peggiorare nella seconda metà del 2009, visti i segnali che arrivano dagli altri settori. Il Casinò, cassaforte di Ca' Farsetti, segna un decremento degli incassi nel primo trimestre. «Non calano i clienti, ma la gente spende meno», dice il sindaco, «certo non ci garantiranno gli incassi dello scorso anno». Segno meno anche per i trasporti, con una riduzione dei passeggeri e dunque degli introiti di Actv, e crisi visibile nel settore turismo con possibili ripercussione sulle entrate della Ztl, la zona a trafficio limitato dei bus. Infine vengono a mancare i trasferimenti dell'Ici per la prima casa, che il governo Berlusconi ha deciso di abolire l'anno scorso. «Un'altra promessa non mantenuta», scuote la testa il sindaco, «anzi proprio un bidone che avevo previsto. Ci mancano all'appello 3 milioni e 600 mila euro, a cui vanno aggiunti 650 mila euro delle case Ater». Insomma, una voragine. A cui il Comune ha provato a far fronte con la vendita di immobili. 400 milioni di euro negli ultimi cinque anni. 90 milioni solo nel 2009 con la vendita della Pilsen, di palazzo Minotto e altri immobili. Soldi che per il momento restano congelati. Compresi quelli per il palazzo del cinema. A cui però, dice Cacciari, potrà far fronte il commissario di governo con i suoi poteri straordinari.
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