San Marco ritrova le Tarsie di Sansovino

Trafugate dalla Basilica 40 anni fa, individuate a Roma e Prato dai carabinieri
VENEZIA. «San Teodoro», la «Speranza», la «Temperanza» e la «Prudenza» sono tornate a casa, a San Marco. Le quattro tarsìe lignee disegnate da Jacopo Sansovino e ora valutate circa 500 mila euro erano sparite presumibilmente nel 1966, dopo un restauro della Basilica; i carabinieri del Nucleo veneziano tutela del patrimonio culturale le hanno recuperate, due da un antiquario di Roma, altre due nella villa di un collezionista di Prato. All’appello ne mancano altre due, la «Carità» e «San Marco», ma gli investigatori non disperano di rintracciare anche queste. In tutto erano nove, le altre tre sono sempre rimaste a Venezia, due al Museo diocesano e la «Giustizia», quella che stava alle spalle del Doge quando presenziava alle cerimonie religiose, è al Museo Correr.


A far scattare la curiosità degli investigatori dell’Arma lagunare è stato una pubblicazione di uno studioso, il quale segnalava che due delle quattro opere poi recuperate erano inserite sul sito di un antiquario della capitale. Sia il commerciante romano sia il collezionista toscano non sono finiti sul registro degli indagati neppure per la meno grave accusa di incauto acquisto (avrebbe potuto scattare anche quella più grave di ricettazione) perché entrambi avevano comprato le tarsie a un’asta, a Firenze a villa «Imperialino», nel lontanissimo 1969. Si trattava di un’asta del tutto legittima, tanto che la fotografia delle sei opere rubate dalla basilica di San Marco comparivano nel catalogo, solo che non era indicata la provenienza e neppure erano descritte come opere del Sansovino, bensì venivano attribuite ad autori minori.

Che sia stato l’architetto rinascimentale a disegnarle e commissionarle non ci sono dubbi: è lui, infatti, che nel 1536, restaura la Basilica e piazza le nove tavole, scolpite in legno di noce, acero, ebano, pero, palissandro e melo, per conto del doge Andrea Gritti. Sono le virtù cardinali e quelle teologali, più il primo e più antico patrono della città e l’evangelista, patrono dell’epoca. Sono state ordinate proprio per essere sistemate nel presbiterio di San Marco, dove sedeva il doge con i suoi ospiti, spesso ambasciatori di altri stati, quando doveva assistere alla messa.

Nel 1956, in occasione di nuovi restauri, vengono smontate, finiscono nei magazzini e da là nessuno più le vedrà, spariscono. Stando ai carabinieri, potrebbero essere state portate via un decennio dopo, nel 1966, nei giorni immediatamente successivi all’alluvione di novembre, quando Venezia viene sconvolta dalla marea che supera i 190 centimetri sul mediomare. Ricompaiono solo tre anni dopo, all’asta di Firenze, per scomparire nuovamente fino a qualche giorno fa, recuperate grazie alle indagini dei carabinieri. Ieri, a spiegarne la storia, l’importanza e a ringraziare l’Arma per il recupero sono stati il primo Procuratore di San Marco e il proto, rispettivamente l’avvocato Giorgio Orsoni e l’architetto Ettore Vio. A coordinare le indagini è il pubblico ministero Stefano Buccini; per ora comunque non ci sono indagati perché i due presso i quali sono state recuperate hanno potuto dimostrare di non conoscerne la provenienza e neppure l’attribuzione.

Gli inquirenti cercheranno soprattutto di ricostruire il furto in modo da poter capire dove sono finite le due antiche tavole che mancano. C’è la speranza di poter recuperare anche la «Carità» e «San Marco», visto che anch’esse furono battute alla stessa asta delle altre quattro, tanto da essere inserite nel catalogo. Proprio questo fa sperare di arrivare anche alle ultime due. Le quattro opere ritrovate non torneranno in Basilica, sono state sistemate nella sala del Banchetto, nel palazzo del Patriarcato, assieme agli arazzi intessuti negli stessi anni con argento e seta e anch’essi voluti dal Sansovino.

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