San Marco ritrova le Tarsie di Sansovino
Che sia stato l’architetto rinascimentale a disegnarle e commissionarle non ci sono dubbi: è lui, infatti, che nel 1536, restaura la Basilica e piazza le nove tavole, scolpite in legno di noce, acero, ebano, pero, palissandro e melo, per conto del doge Andrea Gritti. Sono le virtù cardinali e quelle teologali, più il primo e più antico patrono della città e l’evangelista, patrono dell’epoca. Sono state ordinate proprio per essere sistemate nel presbiterio di San Marco, dove sedeva il doge con i suoi ospiti, spesso ambasciatori di altri stati, quando doveva assistere alla messa.
Nel 1956, in occasione di nuovi restauri, vengono smontate, finiscono nei magazzini e da là nessuno più le vedrà, spariscono. Stando ai carabinieri, potrebbero essere state portate via un decennio dopo, nel 1966, nei giorni immediatamente successivi all’alluvione di novembre, quando Venezia viene sconvolta dalla marea che supera i 190 centimetri sul mediomare. Ricompaiono solo tre anni dopo, all’asta di Firenze, per scomparire nuovamente fino a qualche giorno fa, recuperate grazie alle indagini dei carabinieri. Ieri, a spiegarne la storia, l’importanza e a ringraziare l’Arma per il recupero sono stati il primo Procuratore di San Marco e il proto, rispettivamente l’avvocato Giorgio Orsoni e l’architetto Ettore Vio. A coordinare le indagini è il pubblico ministero Stefano Buccini; per ora comunque non ci sono indagati perché i due presso i quali sono state recuperate hanno potuto dimostrare di non conoscerne la provenienza e neppure l’attribuzione.
Gli inquirenti cercheranno soprattutto di ricostruire il furto in modo da poter capire dove sono finite le due antiche tavole che mancano. C’è la speranza di poter recuperare anche la «Carità» e «San Marco», visto che anch’esse furono battute alla stessa asta delle altre quattro, tanto da essere inserite nel catalogo. Proprio questo fa sperare di arrivare anche alle ultime due. Le quattro opere ritrovate non torneranno in Basilica, sono state sistemate nella sala del Banchetto, nel palazzo del Patriarcato, assieme agli arazzi intessuti negli stessi anni con argento e seta e anch’essi voluti dal Sansovino.
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