Ru-486, "Impossibile vietarne l’uso"
La radicale Gabriella Vesce: "Dal neo governatore parole anticostituzionali, pronti a scendere in piazza"

VENEZIA. C’è chi tira fuori striscioni impolverati, bandiere che dormivano nei ripostigli dai tempi delle campagne abortiste. C’è chi va oltre la questione pillola puntando il dito contro la «totale mancanza di cultura della vita delle giovani generazioni». Ma c’è anche chi attende alla finestra, dubitando che una qualsivoglia legge regionale possa bloccare la distribuzione di un farmaco approvato a livello nazionale.
L’altolà allo sbarco in Veneto della Ru486 gridato dal neogovernatore Luca Zaia ha portato con sé un fiume di commenti. L’associazione Luca Coscioni è rimasta a bocca aperta di fronte a quella che viene definita «una battaglia politica combattuta sul corpo delle donne». Scienza e Vita, associazione per la promozione e la tutela della vita, chiede che non si discuta di aborto a domicilio, ma di procreazione consapevole. L’ordine dei Medici invoca serenità nei toni, ricordando che l’Aifa ha già approvato la circolazione del farmaco a livello ospedaliero. Protesta in piazza. La radicale Gabriella Vesce, dalle file dell’associazione «Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica», è allibita: «Spero si tratti di una sparata che, chissà come mai, arriva solo a votazione avvenuta.
Parole anticostituzionali, che vanno dritte contro un articolo della Carta che in molti sembrano aver dimenticato, quello che sancisce il diritto alla salute». Dall’incredulità alla preoccupazione: «Le donne conoscono i propri diritti. È allarmante, però, che a intervalli regolari spunti qualcuno che vuole limitarli. Abbiamo conquistato la 194 a suon di battaglie. Non ci faremo problemi a rispolverare i vecchi striscioni per gridare il nostro diritto di scelta di abortire o meno. E di farlo nel modo meno lesivo della nostra salute. Mi chiedo perché siano sempre gli uomini a parlare di questi argomenti, a cavalcare slogan sulla pelle delle donne. Perché Zaia spara proprio sulla Ru486? E per di più a quattro giorni dall’elezione a governatore? Spero si tratti di una provocazione, ma se così non fosse siamo pronti a batterci per il sacrosanto diritto di poter scegliere, di poter usufruire della sanità più avanzata. Oggi no alla pillola abortiva. Domani cureremo ancora con le sanguisughe?».
Scienza e vita. Se Gabriella Vesce teme recrudescenze anti-abortiste Bruno Mozzanega, ginecologo in forze all’azienda ospedaliera di Padova ed animatore dell’associazione Scienza e Vita, sostiene che ci si trovi di fronte ad un grave problema culturale: «L’aborto non è solo una questione privata della donna - spiega - lo Stato deve tutelare sia la sua salute che quella del bimbo che porta in grembo. La scelta tra pillola e chirurgia implica esclusivamente la decisione di uccidere una vita chimicamente o tramite la sua violenta riduzione in brandelli. Stiamo qui a discutere di Ru486 quando nelle farmacie è in vendita un farmaco, il Citotech, in grado di provocare l’aborto con il solo 5% di insuccesso. I dati Istat fotografano una situazione che vede un aumento del 67% delle interruzioni spontanee di gravidanza tra le minorenni. Non credo sia un caso. Questa cultura di estrema liberalizzazione sta portando verso la privatizzazione dell’aborto. Ribadisco con forza che c’è bisogno di educazione tra i giovani. Non bisogna discutere solo di come far abortire una donna, ma porre in atto piani perché non sia costretta a farlo. C’è bisogno di procreazione consapevole. Chi crede che buttar giù una pastiglia sia una passeggiata si sbaglia di grosso. Se con l’aborto chirurgico la donna subiva passivamente un intervento con il farmaco diviene protagonista dell’aborto: è cosciente quando deglutisce la Ru486, sente il dolore, vede il sanguinamento. Credo sia ancora più straziante per una madre assistere momento dopo momento alla morte del figlio che porta in grembo. Cerchiamo di spostare l’asse della discussione su queste problematiche».
Ordine alla finestra. Le affermazioni di Zaia non hanno provocato solo le reazioni dei camici bianchi in corsia, ma anche dei tecnici della sanità: Maurizio Benato, presidente dell’Ordine dei Medici di Padova e vicepresidente dell’Ordine nazionale, è scettico sulla possibilità di bloccare lo sbarco in Veneto della pillola della discordia: «Per ora stiamo alla finestra - afferma - noi sappiamo che c’è una normativa dello Stato che ha permesso la circolazione del farmaco, che rientra nell’ambito della 194, a livello ospedaliero. Non è ancora mai accaduto che una Regione possa bloccare un medicinale approvato in sede nazionale. Certo, l’organizzazione spetta alle singole Regioni, qui in Veneto si è optato per il ricovero di tre giorni. Dopo le parole ora è il momento di attendere l’evolversi degli avvenimenti».
Argomenti:pillola ru 486
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