Ottocento, la Venezia che non ti aspetti

Dagli archivi del Museo Correr i disegni di artisti dalla stupefacente abilità tecnica
VENEZIA. E’ una Venezia insolita, in parte scomparsa - sia in certi scorci architettonici, che nella sua dimensione genuinamente popolare - quella che emerge dalla mostra 800 Disegni Inediti dell’Ottocento Veneziano, che sarà inaugurata venerdì al museo Correr, ricavata dalle sue importanti ma in parte “nascoste” collezioni di grafica. Una mostra-giacimento che riscopre artisti a torto dimenticati.

Facendo di necessità virtù rispetto ai tagli economici della Cultura, ma con reale convinzione, la Fondazione Musei Civici dà con questa mostra inizio a una politica di valorizzazione espositiva delle proprie collezioni, ma il direttore Giandomenico Romanelli, che l’ha curata, è qui più lo storico dell’arte e dell’architettura dell’Ottocento veneziano, che il responsabile del settore museale cittadino.


La chiave è la venezianità esibita da questi disegni, in larghissima parte inediti, che ci restituiscono non solo documenti visivi della storia della città e delle sue trasformazioni, ma anche la personalità di artisti come Giacomo Guardi, Giovanni Pividor, Ippolito Caffi, il fiammingo François Vervloet, Eugenio Bosa, Luigi Querena, Giuseppe Borsato - tra gli altri - che seppero ritrarla con un’abilità tecnica spesso straordinaria e con uno sguardo non necessariamente passatista, ma spesso attento alle sue trasformazioni, negli anni di Ruskin e delle Pietre di Venezia. Giacomo Guardi - figlio di Francesco, di cui cerca di imitare il segno - guarda alla città anche nella riscoperta delle sue isole, spesso trascurate, con un tratto a volte felice e sempre curioso nei suoi schizzi.


Ma una delle riscoperte della mostra dell’Ottocento veneziano è certamente quella di Giovanni Pividor, incisore e illustratore e autore di un albun Souvenir de Venise - interamente esposto - che ci restituisce con un segno insieme rapidissimo e minuzioso una città inaspettata anche nelle scelte prospettiche del modo di ritrarla, con una tavola superba che ci mostra il Monumento del Colleoni di San Giovanni e Paolo visto dal lato di Barbarie delle Tole e non inquadrato dal Campo. E una novità assoluta è anche François Vervloet, artista fiammingo di grande fortuna all’epoca, ma poi finito nell’oblìo, a sua volta innamorato di Venezia, che ritrae, con mano superba, in ogni angolo, fino al dettaglio di un candelabro o di una voluta marmorea.


La stessa straordinaria perizia tecnica, pur con altra mano, di Giuseppe Borsato, che ci restituisce il corteo storico d’ingresso di Napoleone a Venezia in Canal Grande. O quella di Eugenio Bosa nei suoi tranche de vie di sofferenza o povertà popolare, che anticipano il pittoresco pittorico veneziano di fine secolo. O, ancora, la capacità vedutistica di un Luigi Querena, tanto nei panorami prospettici, quanto negli scorci più minuti. Ma ciascuno, in questa mostra da guardare con attenzione e senza schiavitù di tempo, scoprirà, se vuole, il suo artista e la sua Venezia.

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