Nata tetraplegica versato il risarcimento di oltre cinque milioni



La piccola Eleonora Gavazzeni e i suoi genitori avranno il risarcimento di 5,1 milioni stabilito dal giudice del tribunale di Rovigo. La bimba rodigina ha una disabilità del 100% a causa degli errori commessi durante il parto, come accertato nel procedimento penale in Corte d’Appello. A settembre era arrivata la sentenza sul maxi risarcimento, il più alto mai stabilito da un tribunale civile in Italia per casi analoghi. Ma da allora era iniziata una nuova odissea per i Gavazzeni. Quella per ottenere quei 5,1 milioni che dovevano essere immediatamente esecutivi.

Ma del risarcimento totale, nelle scorse settimane era stata versata dalle assicurazioni solo una parte. Tanto che il caso era finito alla ribalta delle cronache nazionali grazie al servizio delle “Iene” che aveva raccolto il grido d’aiuto dei genitori di Eleonora, costretti a licenziarsi per seguire la loro unica figlia. Il legale della famiglia, l’avvocato Mario Cicchetti, aveva sporto reclamo all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni «per l’incomprensibile atteggiamento tenuto dai Lloyd’s, gruppo che assicurava la ginecologa Dina Paola Cisotto, e dell’Am Trust Europe Limited per l’Usl 5 Polesana, che non volevano onorare la sentenza», chiarisce il legale, «L’Istituto, in accoglimento del reclamo, ha intrattenuto rapporti serrati con i due gruppi assicurativi, denunciando la loro posizione anche ai competenti organi di controllo del Regno Unito, dove entrambi hanno la sede legale principale». Ieri le due assicurazioni hanno predisposto il bonifico dei rimanenti 1,4 milioni a favore dell’Usl, che a sua volta dovrà versarli alla famiglia Gavazzeni.

«Anche questa battaglia è stata vinta», commenta l’avvocato Cicchetti, «Per la piccola Eleonora, per la sua famiglia e per tutti coloro che ancora credono nelle istituzioni di questo Stato».

L’azienda sanitaria Polesana ha comunque già annunciato l’appello contro la condanna da parte del tribunale civile. —



Riproduzione riservata © La Nuova Venezia