Mose, richiesta dei danni ai «dissidenti»

Il Consorzio Venezia Nuova in tribunale lamenta un «accanimento mediatico»
Il Consorzio Venezia Nuova chiede i danni ai dissidenti. Tre ingegneri autori del progetto alternativo al Mose (Vincenzo Di Tella, Paolo Vielmo e Giovanni Sebastiani) sono stati citati a giudizio dal pool di imprese che sta costruendo le dighe mobili. La causa partirà nei prossimi giorni e l’accusa a carico degli ingegneri è quella di «accanimento mediatico»: dichiarazioni e dati che avrebbero compromesso l’immagine del Consorzio. «E’ una vergogna, ma siamo sereni e daremo battaglia», dice Di Tella, «sarà l’occasione per far luce sui tanti aspetti oscuri di questa storia».


Il Consorzio si è affidato allo studio Vanzetti di Milano. Che ora porterà gli ingegneri davanti al giudice. Una inizitiva non certo nuova, quella di chiedere i danni agli oppositori. Le imprese che costruiscono il Mose lo avevano già fatto 15 anni fa con Italia Nostra e il suo segretario Riccardo Rabagliati, colpevoli di aver diffuso un manifesto e la locandina del quotidiano il Mondo che sotto il Mose aveva scritto: «Le idiozie che costano miliardi». Poi con Aurelio Foscari, commercialista veneziano da sempre critico sul progetto Mose. E più di recente con Carlo Ripa di Meana, ex presidente di Italia Nostra e candidato sindaco per i Verdi-colomba nel 2005. E infine con Carmelo Spagnuolo, geometra padovano che da decenni si batte per denunciare la pericolsoità delle grandi dighe, dal Vajont al Mose.


Adesso tocca agli ingegneri. Da tempo Di Tella, che ha lvorato per la Tecnomare e costruito decine di sistemi off-shore in tutto il mondo, rappresenta una spina nel fianco per il Mose e i suoi progettisti. Il suo progetto delle «paratoie a gravità» è stato scelto dagli esperti del Comune come una delle alternative più credibili (e meno costose) al Mose. Nel novembre scorso proprio i rapporti tecnici di Di Tella sulle criticità del progetto erano stati alla base del dossier consegnato al governo dal sindaco Cacciari. Si metteva l’accento allora sui «rischi strutturali» del Mose, sulle difficoltà di manutenzione subacquea dei connettori e delle cerniere, sulla pericolosità dei tunnel sottomarini.


E sul fatto che la «paratoia si può rovesciare». Studi che insieme a quelli riportati nella Valutazione di Impatto ambientale del 1998 - che aveva bnocciato il progetto - erano stati consegnati ai ministri. «Occorre modificare quel progetto e valutare bene le alternative», aveva detto il ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Ma poche settimane dopo il Comitatone aveva spazzato via ogni dubbio. Con la fiducia imposta da Prodi si era votato a maggioranza per continuare i lavori, contro il parere del Comune e di tre ministri. Che avevano rilanciato molte delle critiche messe nero su bianco dagli ingegneri. Adesso quelle critiche finiranno in Tribunale, con la richiesta di danni firmata dal Consorzio. Una iniziativa che suscita malumori anche in ambienti vicini allo stesso Consorzio. Ma intanto i lavori del Mose vanno avanti. Le imprese sperano in una nuova tranche di finanziamenti dal Cipe per proseguire nella tabella di marcia che prevede il completamento delle opere per il 2012. Per ora, ultimate le opere preliminari e la sistemazione dei fondali (con i materassi filtranti Maccaferri ricoperti di pietrame), stanno per partire gli scavi e la costruzione dei cassoni in calcestruzzo a Santa Maria del Mare.

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