Maglioncini e F1 ritorno alle origini

A 50 anni l’azienda apre gli Studios della sua storia colorata All’inizio era “Lady Godiva”. Negli anni ’90 arrivò Toscani
Di Serena Gasparoni ; Di Serena Gasparoni
zago agenzia foto film villorba stabilimento benetton castrette presentazione nuova collezione
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VILLORBA. Uno spazio enorme, un tempo dedicato al magazzino distribuzione lana, dalle linee inconfondibili della progettualità di Tobia Scarpa. Oggi si chiama Benetton Studios: uno dei più grandi spazi espositivi- a Castrette di Villorba– in mano a un’azienda, capace di ospitare fino a 1.300 persone. Dentro la storia del marchio che ha reso celebre Treviso nel mondo, che ha sdoganato il “maglioncino” ben prima di Marchionne - meglio se coloratissimo - come capo d’abbigliamento adatto a qualsiasi situazione, anche la più formale. Un archivio svelato ieri, nell’anno in cui Benetton celebra i suoi primi cinquant’anni. Un tuffo nella storia: quella imprenditoriale trevigiana, ma anche del costume, dello sport e non ultimo della comunicazione. Una finestra sul passato- che oggi Benetton sceglie come punto di partenza per disegnare il proprio futuro- offerta a 130 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Indimenticabile per molti che nell’ultimo cassetto conservano una polo oramai sbiadita con il celebre “folpetto” verde di trent’anni fa, ora rivisitato. O che hanno scolpito nella memoria quando Benetton Formula si aggiudicò nel 1995 il titolo mondiale piloti con Schumacher al volante della B195, e anche quello costruttori. O ancora, che ricordano come fosse ieri la campagna targata Toscani contro la pena di morte campeggiare all’esterno dello stadio di rugby di Monigo, a Treviso.

«Green is more than a color, is a philosophy». La scritta appare su un enorme pannello verde poco dopo l’ingresso degli Studios. Verde è il colore Benetton per definizione. Scelto come base dell’etichetta quando il marchio dell’impresa avviata dai quattro fratelli nel 1965 - Giuliana, Gilberto, Luciano e Carlo - è stato cambiato da “Benetton” al suo claim “United colors of Benetton”.

Una visita agli Studios non è solo un tuffo nel passato. È anche la risposta a una miriade di domande. Ad esempio, quel piccolo marchio che da bambini vi sembrava un folpetto in realtà è un nodino della lana. «Riproduce il particolare di una trama di tessuto, chiamato “folpetto”», spiega Gianluca Pastore responsabile della comunicazione per il marchio.

All’inizio Maglierie Benetton distribuiva i propri prodotti sotto altri marchi. Il primissimo fu “Lady Godiva”. «Più bella è la maglia più belle sembrate», recitava il claim.

La fine degli anni Ottanta, per 16 anni, vedono il gruppo di Ponzano impegnato nella Formula Uno. Benetton Formula era il nome del team di Formula 1 di proprietà dell’ azienda tessile che aveva comprato la struttura della Toleman. Dopo aver vinto 27 Gran Premi, due campionati del mondo e il campionato costruttori nel 1995, con a capo Flavio Briatore, il team è stato ceduto alla Renault alla fine del 2001. E proprio negli Studios sono custodite le 16 autovetture di Formula Uno che hanno fatto parte della scuderia di Ponzano fra il 1983 e il 1998. Attorno, le campagne pubblicitarie dagli anni Sessanta fino ad oggi. Le prime concentrate sul prodotto, dagli anni Novanta protagonisti diventano i temi sociali. Immagini “rubate” da Oliviero Toscani al fotogiornalismo, di stretta attualità. Alcune celebri come il prete che bacia una suora o il malato di Aids morente. Altre attualissime come quella di un traghetto pieno di immigrati, un’immagine datata 7 marzo del 1991 quando l'Italia scoprì di essere una terra promessa per migliaia di albanesi. Campagne così scomode, altra curiosità, per cui venne ideata una rivista ad hoc - Colors - per ospitarle. E poi i telai, degli anni ’60 fino a quelli più moderni, macchine rettilinee per la tessitura, vasche per la tintura. E pezzi originali di maglieria che negli anni Settanta fecero finire i maglioncini di Benetton sulle pagine di Vogue. «Un posto dell’anima», dice John Mollanger, responsabile marketing per UCB, «Le nostre origini. E prima di immergerci nel futuro, dobbiamo conoscere il nostro passato».

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