L’ex difensore civico Vittorio Bottoli vuole il vitalizio

L’avvocato veronese: l’assegno mi spetta di diritto Ma l’Ufficio di presidenza del Consiglio si oppone
Ferrazza Romano D'Ezzelino cantiere strada pedemontana posa della prima pietra Luca Zaia manovra la ruspa
Ferrazza Romano D'Ezzelino cantiere strada pedemontana posa della prima pietra Luca Zaia manovra la ruspa

di Simonetta Zanetti

VENEZIA

Non c’è dubbio: i privilegi della casta continuano ad esercitare il loro fascino, anche quando questa è un po’ più “povera” e pressoché costantemente sotto il fuoco di fila. Ma ci sono tentativi di restare attaccati al carrozzone che, per intempestività e inopportunità, risultano ancora più inverosimili. Dev’essere stato questo il sentimento suscitato da quella prima lettera arrivata qualche mese fa all’Ufficio di presidenza di palazzo Ferro-Fini a firma Vittorio Bottoli. Nel pieno della bufera sui costi della politica, proprio mentre i consiglieri del Veneto si arrovellavano su come tagliare le spese – arrivando, finalmente, ad eliminare i vitalizi a partire dal 2015 – l’ex difensore civico regionale, chiedeva ufficialmente che gli venisse corrisposto il trattamento pensionistico destinato ai consiglieri regionali.

Superata l’incredulità, il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato ha gentilmente respinto la richiesta al mittente, pensando che tanto bastasse. Nel frattempo, il Consiglio regionale, nello Statuto, ha previsto che, dal 2015, difensore civico e pubblico tutore dei minori vengano riuniti nel nuovo ufficio del Garante regionale dei diritti della persona.

Ma c’era un secondo round da combattere: la settimana scorsa, l’avvocato veronese, nominato a suo tempo in quota An, è tornato all’attacco, facendosi rappresentare, questa volta, da un legale. Quest’ultimo, ha scritto all’Ufficio di presidenza, sollecitando per conto del suo cliente l’attribuzione del vitalizio e corredandone le ambizioni con una serie articolata di documentazioni.

In sostanza, la richiesta di Vittorio Bottoli, in carica dal 2001 al 2011 – quando si era ricandidato per un terzo mandato – muove dall’equiparazione dello stipendio del difensore civico a quello del consigliere regionale (si parla di oltre 14 mila euro lordi), assimilazione da cui, sostiene l’interessato, discenderebbe il diritto di equiparare anche il trattamento pensionistico, tanto più avendo dedicato alla causa tanto tempo. Proprio il protrarsi per due legislature in modo totalizzante dell’incarico in questione – con poco meno di 10.000 istanze all’anno tra violazione dei diritti, concorsi e salute – avrebbe costretto Vittorio Bottoli, infatti, a trascurare la professione forense, finendo per danneggiarlo sia nei confronti del mercato che, appunto, ai fini pensionistici. Una prospettiva disastrosa, insomma, quella tracciata al Consiglio. Non fosse che, a differenza di un consigliere regionale – spiegherà l’Ufficio di presidenza – quella del difensore civico non è una carica elettiva, ma discende da una nomina. Non solo: i consiglieri, versano ogni mese circa 1500 euro per aver diritto a un vitalizio che, dopo un paio di mandati, supera i 3000 euro. Cosa che Bottoli a suo tempo non ha fatto, visto che, del resto, né la contribuzione, né il vitalizio, sono contemplati per incarichi di questo tipo. Queste, in sostanza, anche le argomentazioni su cui lavorerà l’Avvocatura regionale – incaricata nel frattempo dall’Ufficio di presidenza di occuparsi della questione – tralasciando l’opportunità di tale richiesta in questo momento storico. Quella, magari, attiene esclusivamente al buongusto.

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