La Montefibre ha deciso di chiudere

Presidio di lavoratori a Milano: «Non mettete sulla strada 300 famiglie»
Porto Marghera sta per perdere un altro «pezzo» dell’agonizzante Petrolchimico, ridotto ormai ai minimi termini. Gli impianti della Montefibre fermi da mesi con i 300 dipendenti in cassa integrazione, resteranno chiusi a causa del pesante indebitamento della società e della cronica crisi del mercato delle fibre acriliche. La drammatica notizia è stata confermata ieri ai rappresentanti sindacali dei lavoratori arrivati a Milano con due pullman partiti all’alba da Mestre, per protestare sotto la sede della società.


Pochi giorni fa l’amministratore delegato di Montefibre, Emilio Boriolo, aveva anticipato ai segretari dei sindacati dei chimici veneziani che per il riavvio degli impianti che producono da decenni fibre acriliche, non c’è più speranza. La flessione del mercato di queste fibre tessili - ormai superate da prodotti analoghi - è oltre il 50% e, vista la concorrenza dei produttori asiatici, non si sono prospettive di ripresa. Boriolo ha anche confermato il fallimento del piano di riconversione per produrre i «precursori» delle più moderne e richieste «fibre al carbonio», azzerato dopo la marcia indietro di due soci russi della Ribeauville Investments.


L’unica prospettiva, secondo l’amministratore delegato di Montefibre, è la vendita di 35 dei 60 ettari - affacciati sul canale Ovest - all’Autorità Portuale che vuole farci un mega-terminal per navi porta container, ma i 70 milioni che entrerebbero nelle casse di Montefibre basterebbero a malapena a risanare il debito (circa 70 milioni) e ricapitalizzare la società. Montefibre ha comunque ribadito che è pronta a vendere gli impianti produttivi di Porto Marghera ad eventuali compratori. Proprio ieri il consiglio di amministrazione di Montefibre, che tornerà a riunirsi il 24 marzo per approvare il bilancio consuntivo del 2008, ha approvato un nuovo piano di rientro dal debito da presentare e negoziare con banche e fornitori.


Ieri mattina Boriolo, affiancato dal presidente di Montefibre Spa, De Santis, ha parlato ai delegati della Rsu ricevuti nella sede milanese, mentre nella centralissima via Doria, a poche centinaia di metri da piazzale Loreto, dove proprio ieri si è tenuto un consiglio di amministrazione di Montefibre - più di cento lavoratori arrivati con due pullman manifestavano, con cartelli e striscioni.


Ai delegati delle Rsu gli amministratori hanno spiegato che, secondo loro, l’unica soluzione per uscire dalla crisi finanziaria e produttiva è quella di tagliare le produzioni di Porto Marghera, per salvaguardare quelle analoghe della società gemella di Montefibre in Spagna. «Non accetteremo mai una decisione che comporti la chiusura degli impianti produttivi con la perdita di 300 posti di lavoro diretti e di chi lavora nell’indotto - ha dichiarato dopo l’incontro nella sede milanese il delegato della Rsu, Alessandro Pavanello - I dirigenti di Montefibre debbono assumersi le loro responsabilità e garantire il piano industriale che ci avevano promesso, anche in sede ministeriale». Le Rsu convocheranno domani o dopodomani l’assemblea dei lavoratori e incontreranno la direzione aziendale anche alla luce del fatto che il prossimo 22 marzo scade il periodo di cassa integrazione e da lunedì prossimo tutti i dipendenti dovrebbero «teoricamente» rientrare al lavoro, ma più verosimilmente saranno messi tutti in cassa integrazione straordinaria a zero ore. I sindacati dei chimici (Cgil-Filcem, Cisl-Femca e Uilcem) tornano così a chiedere con forza al ministro dello Sviluppo, Scajola, la convocazione urgente di un «tavolo» che malgrado l’abbandono dei soci russi e alla luce della vendita di parte dell’area all’Autorità Portuale, sancisca l’impegno dell’azienda a investire nelle produzioni innovative come i precursori delle fibre al carbonio, come è previsto dall’accordo del 14 dicembre 2007, siglato al tavolo ministeriale.

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