Il marocchino Rachid:«Non mi do pace»

L'eroe superstite svela: il giorno prima in quel tratto di mare stavo per annegare 
JESOLO. «Se avessi potuto tirare fuori Dragan Cigan dall'acqua lo avrei fatto, ora non mi do pace. Ho giurato a mia moglie che non torneremo mai più nella spiaggia maledetta dell'ottavo accesso al mare di Cortellazzo. Il giovedì prima nello stesso punto mi ero tuffato per salvare un altro bambino rumeno e quasi annegavo anche io». Non ha dormito tutta la notte fra domenica e lunedì, Rachid Hooumi di 35 anni, da 15 residente a Musile di Piave e impiegato come magazziniere alla fabbrica di termosifoni Sile di Fossalta di Piave. E' rimasto tutta la notte sveglio a ripercorrere nella sua mente gli attimi terribili del salvataggio della bambina di Roncade che ha riportato in spalla ai genitori e la successiva consapevolezza che Dragan Cigan, coraggioso bosniaco di 31 anni che si era tuffato con lui pur non sapendo nuotare, invece non ce l'aveva fatta. A perdere la vita un suo quasi coetaneo, un immigrato anch'egli seppure da un paese dell'Est, un papà di due bambini piccoli esattamente come lo è lui del suo bimbo di 8 mesi che la moglie Sofia tiene stretto nella sua casa di Musile.

«Mi sono arrabbiato con me stesso - racconta Rachid - quando ho capito che era rimasto sott'acqua. Avevo tirato fuori la bambina con tutte le energie che avevo perché dal panico durante il salvataggio per due volte mi aveva tirato sotto. Non l'ho mai mollata e se non avessi fatto il bagnino in Marocco quando ero più giovane non so se ce l'avrei fatta a riportarla a galla». Mentre parla Rachid solleva i pantaloni e mostra due tagli lunghi una quindicina di centimetri lungo la caviglia sinistra che si è procurato sugli scogli durante il salvataggio. «Appena a riva - ricorda Rachid - ho guardato dietro di me per vedere se quel giovane con i capelli scuri che mi aveva aiutato a recuperare i bimbi era dietro di me. Ho visto che il bambino era già al sicuro e nella confusione mi è parso di vedere una persona dai capelli neri risalire poco lontano, ma poi ho saputo che si trattava di un altro ragazzo che aveva aiutato. Intanto avevo la bambina in braccio e l'ho portata fino ai genitori che erano un po' lontani ai quali ho raccontato l'accaduto. Saranno passati più di 5 minuti. Il tempo di tornare indietro e ho sentito che il bosniaco non era più riemerso. Stavo per ributtarmi in acqua ma mi ha fermato mia moglie dicendomi che si erano già gettati in acqua altri ragazzi e ricordandomi il giovedì prima nel quale avevo rischiato di annegare anche io per salvare un ragazzino rumeno di 13 anni».

«Mi ha fatto rabbia vedere l'indifferenza dei genitori dei due bambini salvati - spiega il marocchino che ha chiesto la cittadinanza italiana per la sua famiglia - non una parola di conforto alla sorella dell'annegato. Quando sono arrivati gli agenti del commissariato pochi minuti dopo la scomparsa di Cigan hanno dovuto rincorrerli per fargli qualche domanda perché se ne stavano già andando».

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