Da Roma stop a taxi selvaggio
Soddisfazione in Comune, ma si attende la pubblicazione
Stop del Consiglio di Stato al «taxi selvaggio». La conferma ufficiale ancora non c’è, perché la sentenza non è pubblicata. Ma la notizia è ormai certa: l’organo di appello della giustizia amministrativa ha cancellato la sentenza del Tar Veneto che aveva annullato il 9 marzo scorso l’ordinanza del Comune sul transito delle imbarcazioni in Canal Grande. Significa che ora il Comune potrà normare più severamente il transito in Canal Grande e nei piccoli rii. Perché è stato riconosciuto che è possibile limitare i passaggi, vista la «grave situazione per il patrimonio edilizio causata dal moto ondoso».
«Speriamo che il Consiglio di Stato confermi la linea che ha tenuto negli ultimi anni su provvedimenti simili», commentano prudenti i legali dell’Avvocatura civica Giulio Gidoni, Antonio Iannotta e Maria Maddalena Morino. Perché negli ultimi una raffica di provvedimenti sul traffico acqueo, firmati dal Comune, sono stati annullati dal Tar, dopo il ricorso di qualche singolo e di qualche cooperativa. E puntualmente ripristinati in seconda istanza dal Consiglio di Stato. E le ultime ordinanze impugnate avrebbero potuto aprire un varco pericoloso e trasformare il Canal Grande in «terra di nessuno». I ricorsi erano stati presentati nel luglio dell’anno scorso da alcune ditte di noleggio, tra cui la Blue e l’Azienda Trasporto persone. Aziende che hanno ottenuto la licenza di noleggio dai comuni di Chioggia e Mira. Nell’ordinanza del luglio 2006, la prima firmata senza i poteri straordinari del commissario, il vicesindaco Michele Vianello e il dirigente dell’Uffciio Traffico Acqueo Manuele Medoro introducevano una serie di limitazioni al traffico in alcune fasce orarie giornaliere. Passaggio vietato, ad esempio, in Canal Grande, per i motoscafi a noleggio la mattina. In totale si tratta di una dozzina di ditte, ma il principio, secondo i legali del Comune, avrebbe potuto rappresentare un grave pericolo per il futuro. «In questo modo», osservano i tecnici, «nelle acque già intasate del Canal Grande potrebbero avere libero accesso imbarcazioni provenienti da ogni dove».
Il Tar aveva accolto in primo grado i ricorsi delle ditte. Contestando al Comune il mancato rispetto dei cinque giorni di anticipo nel convocare la conferenza di servizio per l’approvazione dell’ordinanza. E soprattutto la «discriminazione» compiuta tra questi operatori e quelli «regolari», che sono circa 300, con licenza rilasciata dal Comune di Venezia. I legali del Comune hanno motivato il loro ricorso al Consiglio di Stato, sostenendo che non si tratta di violazione dei termini perché la Conferenza dei servizi aveva comunque approvato i provvedimenti proposti, sanando in questo modo anche il possibile ritardo. Non si è nemmeno in presenza della citata «violazione dei principi di uguaglianza», perché si tratta di categorie diverse. Coloro che non hanno licenza comunale possono infatti comunque avere accesso alla città attraverso le acque demaniali, il canale della Giudecca e il Bacino San Marco. Non viene toccata nemmeno la libertà di circolazione, perché «l’accesso ai canali non viene interdetto a persone ma ad alcuni mezzi». Non esistono infine i «danni gravi» perché le aziende ricorrenti possono comunque lavorare anche se in altre aree rispetto a quelle «intasate».
Tesi che sono state accolte dal Consiglio di Stato (anche se l’ufficialità arriverà soltanto oggi) e che ora consentono al Comune di voltare pagina. Per attuare una politica di riduzione del traffico - senza discriminazioni ma anche senza troppe indulgenze. «Aspettiamo che la notizia sia ufficiale», si limita a dire il vicesindaco Michele Vianello. Se sarà così, il Comune è pronto a firmare una nuova ordinanza per limitare l’accesso al Canal Grande.
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