Chi vuole si tagli lo stipendiochi non vuole faccia a meno
La prima commissione del Consiglio regionale approva una proposta sui generis
VENEZIA. Alla fine erano in tre che rischiavano grosso: Francesca Martini, Oscar De Bona e Luca Zaia. I tre assessori esterni della giunta Galan potevano vedersi decurtare lo stipendio di 5000 euro netti al mese, a partire dal prossimo 11 luglio.
Sarebbe stato un record per la Martini, neo-assessore alla sanità: appena reclutata in sostituzione di Flavio Tosi e già campionessa dell'autoriduzione dello stipendio del governo veneto, in nome e per conto della moralizzazione della politica, nel superiore interesse della società civile che guarda indignata ai privilegi della «Casta». Ma sarebbe stata una bella botta anche per il dottor Zaia, vicepresidente della giunta regionale e ideatore di strepitosi concorsi di miss mondo a 800 mila euro tutto incluso, comprese le trasmissioni traino in tv, nonché per l'architetto De Bona, assessore girovago dei veneti dispersi nei più lontani continenti, ma con biglietti low-cost precisa sempre lui. Non succederà, tranquilli. Né l'11 luglio 2007 né l'11 luglio 2023. La soppressione dell'indennità di carica (la voce più importante dello stipendio) agli assessori esterni, proposta da Mariangelo Foggiato del Pne, è stata tranciata da una singolare tagliola fatta di ripicche incrociate e di astensioni strategiche, che ai fini pratici significano comunque voto contrario.
Sacro furore.
E' successo ieri in prima commissione, dove il sacro fuoco della moralizzazione - innescato dalla Lega all'indomani dell'approvazione della leggina natalizia che aumentava la pensione e il Tfr dei consiglieri regionali - si è spento malinconicamente per stupida mancanza di legna da ardere. Tutti si sono trovati d'accordo in un testo che unifica le precedenti proposte, taglia e incolla parti diverse, smussa gli spigoli, sopprime i contrari. Non si parla più di stipendi ma solo di Tfr, pensioni, assicurazioni e assistenza sanitaria. Rispetto alla leggina di dicembre si fa un grosso passo indietro, beninteso: si torna all'impostazione preesistente, inasprendola. Ma solo a cominciare dalla prossima legislatura. Per il momento gli stipendi (circa 10.000 euro netti al mese, di cui metà esentasse perché passati come rimborsi spese) sono salvi. L'11 luglio il progetto di legge va in aula per la discussione e il voto.
Le premesse.
Nobili sono sempre i principi ispiratori. Si legge di «criteri di equità e sobrietà» e di «scelte ispirate al risparmio che l'assemblea veneta sta studiando per eliminare quei costi della politica che maggiormente hanno suscitato perplessità e scalpore nell'opinione pubblica». Andiamo al sodo. Assegno di fine mandato, ribattezzato anche Tfr d'oro: viene limitato ad un massimo di 10 mensilità, indipendentemente dal numero delle legislature effettuate (nella leggina di dicembr era saltato il tetto di 2 legislature, 5 mensilità per legislatura). Età pensionabile: viene innalzata a sessantacinque anni. Entità dell'assegno vitalizio: dal 30 al 70% dell'indennità consiliare, a seconda degli anni di mandato svolto. Contributo per spese di malattia e per il funerale: abolito. Assegno vitalizio: passa da 12 a 30 mesi il periodo minimo di esercizio del mandato necessario per goderlo; ci vuole una contribuzione per almeno 5 anni; viene innalzato dal 25 al 30% il contributo da versare per maturare la pensione. Assicurazione: soppressa la possibilità di assistenza sanitaria integrativa. Vengono invertite le percentuali a carico del consigliere e della Regione per l'assicurazione contro i rischi conseguenti all'espletamento del mandato: adesso il rapporto è 70% Regione, 30% consigliere; dalla prossima legislatura 30% Regione e 70% consigliere.
Primo emendamento.
Il testo uscito ieri dalla commissione è stato approvato con le uniche astensioni di Prc e Pdci e a titolo personale di Giampietro Marchese, vicepresidente del Consiglio, che pure era stato uno dei firmatari del Pdl assieme a Carlo Alberto Tesserin. Marchese si è dissociato su uno dei due emendamenti apportati al testo. Emendamenti che contengono novità. Il primo sembra l'excusatio non petita dell'accusatio manifesta: è stato presentato dal capogruppo di An Piergiorgio Cortelazzo, ci spiace per lui, e stabilisce che consiglieri e assessori possano rinunciare, devolvendoli alla Regione, in parte o interamente, ai propri emolumenti al netto delle ritenute obbligatorie. In altre parole, chi vuole può tagliarsi lo stipendio anche per intero; chi vuol dare solo la mancia, è bene accetto; chi non vuol dare neanche quella si tenga pure tutto. Siamo o no un paese libero? Approvato all'unanimità.
Secondo emendamento.
Questo invece è stato respinto: portava la firma del consigliere di Rifondazione Pietrangelo Pettenò ed estendeva la reversibilità della pensione anche ai partner dei consiglieri conviventi da almeno due anni prima del decesso. Un riconoscimento delle coppie di fatto. Qui è andata in tilt l'opposizione. La convivenza tra Margherita e Ds nel Pd è saltata: Achille Variati e Franco Frigo sono usciti per non votare; hanno votato contro Marco Zabotti di Veneto con Carraro e Damiano Rossato di Idv; a favore Giampiero Marchese e Gianni Gallo. Contro si sono espressi tutti i consiglieri di opposizione, escluso il forzista Leo Padrin che ha votato a favore. Contro anche Mariangelo Foggiato del Pne.
Commenti.
«Rispetto alla leggina dello scorso dicembre, il testo uscito dalla commissione - dice il presidente Raffaele Grazia, ex forzista, oggi di Veneto per il Ppe - rappresenta una marcia indietro. Sicuramente è una presa di coscienza che qualcosa di sbagliato era stato fatto. Ma dal dibattito è emerso che gli stipendi dei consiglieri sono la milionesima parte dei costi della politica. E resteranno tali se non allarghiamo l'attenzione alle società della Regione e a tutti gli enti strumentali. Ho fatto acquisire tutti gli emolumenti, per avviare almeno una politica di riequilibrio degli onorari. A proposito di tariffe che i cittadini devono pagare, si pensi solo ai 21 consorzi di bonifica: perché devono essere 21, con 21 presidenti, 21 Cda, 21 assemblee, tutti in nota spese?».
E perché non estendere l'analisi ai palazzi che la Regione compra? Nell'assestamento di bilancio presentato ieri dall'assessore al bilancio Isi Coppola risultano a quanto pare 3 milioni di euro stanziati per la sede di Roma. Lo scopo è passare dall'affitto alla proprietà: politica apprezzabile, se sol ovenissero chiuse le sedi pre-esistenti. Proviamo a fare un elenco?
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