Casinò, i croupier guadagnano fino a 15.000 euro

Ca’ Vendramin ha perso 20 milioni, Ca’ Noghera ne guadagna 107
Stipendi da favola. E mance milionarie. Con il «minimo garantito» dai contratti aziendali. Un croupier del Casinò può guadagnare fino a 15 mila euro netti al mese. Più del sindaco e dei dirigenti d’azienda. Oltre la metà del budget se ne va per pagare gli stipendi. Sessanta milioni di euro per i circa 600 dipendenti della Spa, di cui circa 400 sono croupier della vecchia guardia. In media, 100 mila euro lordi a testa, con punte di eccellenza per i croupier. Proprio nel momento in cui, dicono al Casinò, il ramo d’azienda dei giochi tradizionali è in crisi. Nel bilancio del 2008 Ca’ Vendramin Calergi, sede delle roulette e dei giochi da tavolo, è infatti in rosso di 20 milioni di euro. Ca’ Noghera (slot machine) è a più 107 milioni. Un dato che alimenta lo scontro tra Casa da Gioco e dipendenti. Ma il sistema degli stipendi non è solo «colpa» dei croupier, cristallizzato negli anni da numerosi contratti aziendali che in nome dei guadagni all’epoca garantiti dai tavoli verdi ha sempre trattato i dipendenti della Casa da Gioco come figli prediletti. Su questo si innesta la conflittualità del Casinò, con scioperi e minacce di deferimenti disciplinari. E qui si è introdotto il contenzioso delle mance.


Ricorsi e cause intentate da 41 croupier per ottenere il risarcimento sulla differenza di mance non pagate. Ricorso che il giudice del lavoro Chiara Coppetta ha accolto in pieno, con sentenza pubblicata il 30 maggio scorso. Il provvedimento, su cui la Casa da Gioco ha presentato ricorso, intima il pagamento ai 41 ricorrenti di cifre che vanno da 45 mila a 61 mila euro. In base alla testimonianza degli «informatori» (due ex sindacalisti Giuseppe Moscheni e Alberto La Sorella) e dell’ex Capo di Gabinetto del sindaco, oggi dirigente del Casinò, Stefano Silvestri, il giudice ha accertato che il «minimo garantito» era previsto dall’articolo 48 del contratto aziendale firmato nel gennaio del 1990.


Allora il Casinò non era ancora una Spa ma una «municipalizzata». L’accordo era stato firmato dal direttore generale Aldo Virgilio Brucoli e dall’assessore al Casinò della giunta Bergamo, Armando Favaretto. Era il periodo dell’introduzione delle prime slot machine, le macchinette che poi avrebbero fatto la fortuna del Casinò. Che però funzionano senza croupier. E dunque non garantiscono le mance. A titolo di «risarcimento», i sindacati dei croupier avevano ottenuto un «meccanismo di salvaguardia sulle mance».


Cioè 2790 lire per ogni impiegato di gioco su ogni milione di lire di incasso. Con la proproga degli accordi e gli incassi moltiplicati (fino a 500 mila euro, un miliardo di vecchie lire al giorno), i crediti dei dipendenti sono aumentati. A poco è valso l’accordo del 2007 che aboliva il famigerato articolo in cambio di aumenti degli stipendi.


I croupier hanno fatto causa e almeno in primo grado hanno ottenuto dal giudice il pagamento degli arretrati, arrivando anche al pignoramento dei conti correnti. Non solo, il giudice «stigmatizza» nella sentenza la condotta processuale della società Casinò. Una copia del verbale sarebbe stata corretta con il bianchetto nella parte riguardante la somma da prendere in esame. Per questo il giudice ha segnalato la cosa alla procura, ma il caso è stato archiviato. Il contenzioso, invece continua. E la base dello scontro è il futuro della Casa da Gioco: tavoli verdi (prestigio e mance) o slot machine, con più incassi e meno extra per i croupier.
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