Autovelox e tutor, censimento completato: ma resta il nodo dell’omologazione
La Cassazione conferma che per multe legittime serve l’omologazione. Il censimento chiarisce i dispositivi attivi, ma non risolve il contenzioso sulle sanzioni.

Il grande censimento nazionale degli autovelox è completato, ma il cuore del problema resta (per ora) intatto. Tanto che Anci chiede urgentemente una norma che disciplini la materia. In Veneto gli occhi elettronici legittimi che vigilano sulla velocità sono 428, ai quali si aggiungono 12 tutor installati lungo la rete autostradale.
L’elenco ufficiale è ora consultabile da tutti sulla piattaforma digitale del ministero dei Trasporti, velox. mit. gov. it/dispositivi, dove entro ieri tutti i Comuni e la polizia stradale hanno dovuto registrare ogni dispositivo presente sul proprio territorio. Se il velox non compare nella lista, allora l’eventuale multa è nulla. L’obiettivo dichiarato del ministero attraverso questo censimento era duplice: aumentare la trasparenza e fare ordine in un settore da anni al centro di polemiche per i presunti usi “di cassa” degli autovelox. «Per legge è stato imposto il censimento, che diventa condizione di legittimità per l’utilizzo degli apparecchi», spiega Carlo Rapicavoli, direttore di Anci Veneto, «se una sanzione arriva da un dispositivo non registrato, l’automobilista può impugnarla; ora i cittadini possono sapere dove sono collocati gli impianti e quali amministrazioni li gestiscono. Era un’esigenza reale».
Un passo avanti, dunque. Ma non quello decisivo. Perché il censimento non interviene sulla questione più spinosa: la distinzione tra approvazione e omologazione dei dispositivi, causa di gran parte dei ricorsi. A pochi giorni dall’avvio del censimento, la Cassazione era tornata a ribadire il suo orientamento sul tema. Ossia che non basta l’approvazione degli autovelox per accertare validamente il superamento dei limiti di velocità, ma che serve l’omologazione degli apparecchi stessi.
Con l’ordinanza pubblicata il primo ottobre scorso, la Cassazione ha confermato il principio consolidato quasi 19 mesi fa con un’ordinanza che ha segnato un punto di svolta per i ricorsi degli automobilisti. Per essere considerato a norma, e quindi per poter legittimamente sanzionare gli eccessi di velocità, un dispositivo di rilevamento elettronico deve essere omologato. «Il problema dell’omologazione resta», conferma Rapicavoli, «una nota ministeriale di pochi giorni fa ribadisce che approvazione e omologazione sarebbero equivalenti. Ma la Cassazione continua a sostenere che sono procedure distinte».
La differenza non è solo terminologica: l’approvazione è un controllo limitato sul prototipo, mentre l’omologazione è una verifica tecnica completa della conformità, prevista dal Codice della strada per gli strumenti che accertano la velocità.
Il censimento non risolve questo conflitto, che da anni contrappone l’interpretazione ministeriale a quella della Suprema Corte. «Continuo a chiedermi perché non si intervenga a livello normativo», aggiunge Rapicavoli, «basterebbe cambiare una congiunzione o cancellare una parola. Comuni e polizie locali hanno sempre ottemperato agli obblighi, ora serve un’ultima norma che chiuda definitivamente il contenzioso, a tutela sia delle amministrazioni che dei cittadini». E ammonisce: «Non è serio continuare così». Le associazioni di consumatori avevano segnalato il rischio che continuasse la pioggia di ricorsi da parte degli automobilisti sanzionati. —
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