Aspide, 25 anni di carcere agli usurai

PADOVA. Si è chiuso con tre condanne per un totale di 25 anni e nove mesi di carcere e con un’assoluzione, perché le prove sono contraddittorie o insufficienti, il filone padovano del processo a “Gomorra in Veneto”, una banda di strozzini legata al clan dei Casalesi che, arruolando volti veneti presentabili e spendibili sul territorio senza provocare troppi sospetti, con pugno di ferro e pistola in mano non esitava a minacciare, pestare e ripulire di ogni bene imprenditori finiti sull’orlo del baratro con debiti a tassi di interesse capestro. Le accuse contestate? Associazione a delinquere di stampo mafioso a scopo di usura
La sentenza. Accogliendo in gran parte le richieste del pubblico ministero Roberto Terzo della Dda di Venezia (Direzione distrettuale antimafia), il tribunale di Padova (presieduto da Alessandro Apostoli Cappello) ha inflitto 11 anni e nove mesi a Johnny Giuriatti, 39 anni di Saccolongo in via Foretti, già titolare di Jta di Mestrino poi diventata Global Scorte (difensore l’avvocato Lucia Tedeschi); 9 anni e quattro mesi a Marzio Casarotto, 45 residente nel Rodigino a Bagnolo di Po in via Arioste (avvocato Rita Sofia Tiengo); 4 anni e otto mesi ad Alberto Parisi, 49 anni di Mondragone in provincia di Caserta (avvocato Raffaele Fenso), assolvendo Elisa Lunghi, 43 anni di Bubbiano nel Milanese, un lavoro da segretaria nella società Aspide, con la formula del codice di procedura penale in base al quale «il giudice pronuncia sentenza di assoluzione quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile». Tutti i condannati dovranno versare in solido, a titolo di risarcimento, 20 mila euro al Ministero dell’Interno, 10 mila euro al Comune di Padova che si è pure costituito parte civile tutelato dall’avvocato Ettore Santin, 10 mila euro di Alilacco, associazione antiracket e antiusura, oltre a somme tra i 15 mila e i 30 mila euro a una decina di vittime.
I protagonisti. Nell’aprile 2011 o viene smascherato nel Nordest il gruppo criminale costituito intorno ad Aspide, formalmente una spa che propone finanziamenti pubblicizzandosi sui giornali, di fatto un’impresa di strozzinaggio che reclama interessi fino al 180% con una rigida organizzazione gerarchica. Al vertice c’è Mario Crisci, classe 1977 di Castelvolturno, pronto ad ammettere in aula: «Ero chiaro con il cliente anche mostrando un’arma. E lo avvertivo che sarebbe stato pestato a sangue... I nostri metodi erano questi... Le intimidazioni avvenivano fin dalla prima richiesta di finanziamento». I rapporti tra Crisci (condannato a 20 anni a Venezia nel dicembre scorso con la maggioranza degli imputati) e Giuriatti maturano dal 2009: l’imprenditore padovano, oppresso dai debiti, cede agli “amici” Jta, trasformata in Global Scorte, e Aspide prima si trasferisce nei suoi uffici a Mestrino, salvo poi trovare una sede a Padova in via Lisbona. A quel punto Giuriatti entra di diritto nella società, finanziandola, organizzando l’attività di recupero crediti senza abdicare a metodi estorsivi, individuando le potenziali vittime tra i colleghi in difficoltà e spogliandoli delle imprese tramite prestanome recuperati da Parisi, stipendiato come autista. Così Crisci parla ai giudici di Giuriatti. «Un bravo ragazzo ma pasticcione... Serviva una persona del Nordest, non era utile mostrare la massa di meridionali che stava dietro ad Aspide». Un volto, quello di Giuriatti, utile soprattutto nella gestione delle operazioni bancarie collegate all’attività usuraria. Tra i finanziatori di Aspide c’era pure Casarotto, pronto a riscuotere i profitti dell’usura e a cercare “collaboratori” per la banda criminale.
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