Referendum dell’8 e 9 giugno, l’annuncio di Fedriga: «Non andrò a votare»
Le dichiarazioni del presidente del Friuli Venezia Giulia a margine di un incontro a Trieste: «Ognuno è libero di scegliere»

"Ognuno sceglie liberamente. Però non andrò a votare". Lo ha detto il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, rispondendo, a margine di un incontro a Trieste, a una domanda sui referendum dell'8 e 9 giugno. Il governatore non è il primo esponente politico che si è detto contrario ai referendum (promossi dalla Cgil) e a quello sulla cittadinanza (sponsorizzato tra gli altri da +Europa).
Molti partiti hanno iniziato, nei giorni scorsi, a schierarsi. Ultimo il caso del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha annunciato di non voler andare a votare a giugno. In generale, comunque, nella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto).
Per cosa si vota e quando si vota
Lavoro e concessione della cittadinanza italiana per gli extracomunitari. Sono gli argomenti al centro dei quesiti dei referendum abrogativi su cui dovranno esprimersi gli italiani. Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Per la validità dei referendum abrogativi è necessario raggiungere il quorum, garantito solo quando avranno votato il 50% + 1 degli aventi diritto. Cinque i quesiti promossi da sindacati e associazioni.
Il dettaglio dei quesiti
Il primo quesito chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. A partire dalla riforma Renzi, le aziende con più di 15 dipendenti non hanno più l’obbligo di reintegrare i lavoratori in caso di licenziamento illegittimo (ora basta un risarcimento). Obbligo che sarebbe reintrodotto in caso di vittoria del sì. Della stessa materia si occupa il secondo, che punta alla cancellazione del tetto ai risarcimenti nelle piccole imprese in caso di licenziamento illegittimo (oggi il limite è di sei mensilità).
Il terzo quesito mira a limitare l’uso di contratti a termine, inserendo l’obbligo di motivare la temporaneità del rapporto di lavoro. L’obiettivo è ridurre per le aziende la possibilità di rinnovare più volte tali contratti senza procedere a un’assunzione a tempo indeterminato.
L’ultimo quesito di questo pacchetto è in materia di sicurezza sul lavoro. In sostanza punta a estendere la responsabilità anche alle aziende che appaltano parte del lavoro ad altre aziende.
Il quinto quesito riguarda la riforma della legge sulla cittadinanza. I referendari mirano a diminuire il periodo di residenza legale nel nostro Paese necessario ad avanzare la richiesta di cittadinanza: attualmente è di 10 anni, scenderebbe a 5 com’era prima della legge 91 del 1992. Si stima che le persone in possesso di tali requisiti e che con la nuova legge potrebbero ottenere la cittadinanza siano circa 2 milioni e mezzo.
Maggioranza per la linea dell’astensione
Manca ancora una presa di posizione ufficiale di Fdi (così come della Lega), ma, in base ad alcune indiscrezioni circolate, i vertici di Fratelli d’Italia avrebbero indicato a deputati e senatori la linea dell’astensione sul voto referendario dell’8 e 9 giugno. Il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha invece schierato chiaramente il partito. «Non so cosa dice FdI noi siamo per un astensionismo politico, non condividiamo la proposta referendaria». E la linea della non partecipazione al voto, secondo fonti del Carroccio, è quella scelta anche dalla Lega. Nella maggioranza, invece, a non seguire la linea dell’astensione è Noi Moderati, che però preannuncia 5 no
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