Teatro Verde, meraviglia ingestibile

La Cini “scopre” il nuovo Auditorium ricavato nello Squero dell’isola, ma perde - almeno per il momento - il suo leggendario Teatro Verde. Questione di costi e benefici, come spiega il segretario generale della Fondazione Pasquale Gagliardi. Perché servirebbero almeno 700 mila euro - che in questo momento non ci sono - per preservare le strutture corrose e coprire almeno la zona del palcoscenico del suggestivo teatro all’aperto, realizzando contemporaneamente interventi per migliorarne l’acustica e attutire i rumori esterni delle barche che solcano il Bacino di San Marco. «C’è un progetto del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano, di fare del Teatro Verde uno dei suoi Luoghi del Cuore e speriamo che questo possa aiutarne il recupero».
Il rischio, però è che in assenza di uso e di interventi il Teatro si degradi ulteriormente. Alla Cini lo sanno benissimo, ma anche per le sue dimensioni notevoli e caratteristiche e l’uso eventuale limitato soprattutto ai mesi tardo primaverili ed estivi, il Teatro Verde è un “giocattolo” costoso e complicato da maneggiare.
Edificato dal 1952 su progetto degli architetti Luigi Vietti ed Angelo Scattolin recuperando il materiale accumulatosi nel corso dei lavori di restauro dell’Isola, il Teatro Verde è infatti un anfiteatro di 1484 posti situato nel cuore del parco dell’Isola di San Giorgio Maggiore. Costruito sul modello dei teatri antichi greci e romani e con riferimento ai teatri di verzura che ornavano le ville venete di terraferma tra Rinascimento e Settecento, è costituito da gradoni di pietra bianca di Vicenza intercalati da spalliere di bosso.
Dal 1999 al 2003 il Teatro Verde fu dato in gestione alla Biennale di Venezia, che lo destinò prevalentemente a spettacoli di danza. Nel 2012 la Cini provò a rilanciarlo con alcuni concerti estivi di richiamo, ma con risultati non esaltanti sul piano finanziario. Negli ultimi anni quindi l’attività si è nuovamente interrotta è il Teatro Verde resta lì, splendido monumento di se stesso in mezzo alla laguna, ma di difficilissima gestione. La Fondazione vorrebbe provare a recuperarlo e a rimetterlo in funzione, ma il quando e il come restano oggi un grosso punto interrogativo. (e.t.)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia