Volevano incastrare Lambiase carabinieri ed ex a giudizio
CAORLE. Sul banco degli accusati carabinieri o ex carabinieri, su quello dei testimoni altri carabinieri, che hanno avuto coraggio e fermezza sufficienti per svolgere le indagini sui loro colleghi.
È il processo che vede imputati Claudio Casella, ex carabiniere trasformato in imprenditore nel settore immobiliare a Caorle, l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Caorle Ciro Dalla Zeta, già condannato a sei anni di reclusione per falso, truffa e detenzione abusiva di armi e già cacciato dall’Arma, e Christian Corvino, ancora nell’Arma ma trasferito in una stazione di un’altra provincia veneta. Corvino deve rispondere di sostituzione di persona e accesso abusivo nell’Archivio informatico dell’Arma dei carabinieri, assieme a Casella di concorso in rivelazione di segreto e ricettazione, abuso d’ufficio, Casella con Dalla Zeta di calunnia. L’obiettivo era quello di screditare e far trasferire il nuovo comandante della stazione dei carabinieri di Caorle, il maresciallo Francesco Lambiase, che aveva sostituito quello precedente finito sotto inchiesta e che evidentemente impediva a Casella e Dalla Zeta di agire indisturbati nel centro balneare. Corvino, carabiniere prima in servizio a Jesolo poi a Caorle, avrebbe dato una mano al suo ex comandante.
Deve rispondere di essere penetrato nel sistema informatico dell’Arma utilizzando la password del suo comandante a Jesolo, quindi in concorso con Casella gli avrebbe passato le informazioni di cui era entrato in possesso al fine di ottenere da lui in locazione un appartamento in via Dolomiti. E ancora: Corvino si sarebbe appropriato per consegnarli a Casella di un’informativa relativa ad un controllo eseguito su Casella ed altri il 3 ottobre 2009 e della segnalazione conseguente alla Procura della Repubblica; del decreto di acquisizione dei tabulati telefonici e degli atti di un’inchiesta della Procura di Trieste.
Infine, Casella e Dalla Zeta avrebbero inviato alla Procura veneziana segnalazioni anonime in cui accusavano il maresciallo Lambiase e un brigadiere della stessa stazione di essersi appropriato di droga rinvenuta con i sequestri, di aver falsificato atti sul servizio mensa per nascondere un’appropriazione indebita di 3 mila euro. Ieri, incalzato dalle domande del pubblico ministero Paola Tonini, ha risposto colui che aveva coordinato le indagini, il capitano del Nucleo investigativo veneziano Enrico Risottino, ora trasferito al Ros di Padova. Ha riferito che gli investigatori sono risaliti a Dalla Zeta e Casella come autori dell’anonimo con le false accuse al maresciallo Lambiase in seguito alle perquisizioni nei confronti dei due imputati: nel computer del primo hanno rintracciato il testo inviato alla Procura in modo anonimo e in casa del secondo la chiavetta sulla quale ne era stato riversato il contenuto. Infine, nell’abitazione dell’imprenditore immobiliare hanno rinvenuto la documentazione sottratta presso la caserma di Caorle.
Giorgio Cecchetti
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