Venezia, la calle dei portafogli rubati: scoperto nascondiglio dei borseggiatori
Tra polvere e ragnatele, decine di portafogli svuotati trovati in un angolo nascosto di Venezia. I borseggiatori li abbandonano dopo aver preso soldi e carte

Una bottiglietta di plastica vuota, una lattina schiacciata e poi due strati di portafogli: da uomo, da donna, di marca o “da battaglia”, quelli che i più previdenti - quando partono per le vacanze - preferiscono usare. Qualcosa di meno appariscente e più sacrificabile.
A tirare gli occhi si riconoscono ancora i documenti rimasti nei portatessere, semivuoti dopo la scomparsa di carte di credito e bancomat. Per sapere che mancano i contanti, invece, non serve aguzzare la vista: se i portamonete sono finiti lì, tra una paratia di ferro e una porta che non si apre più, non è certo per uno scherzo del destino.
Il cimitero dei portafogli
E per una che è stata individuata, chissà quante altre sono, in giro per Venezia: sono le discariche di portafogli rubati. Lanciarli in canale, come vorrebbe la tradizione popolare, è un gesto più vistoso, meglio far sparire il tutto in un angolo di calle; quella della Malvasia Vecchia, ad esempio, che nonostante il viavai per i bagni pubblici resta abbastanza defilata.
Bisognerebbe dirlo a quel turista che si è scoperto le tasche vuote e che, in una vana speranza, dopo una serie di manate di controllo lungo tutti i pantaloni, si è presentato alla cassa del ristorante da cui era uscito dieci minuti prima: «Non è che avete trovato qualcosa per terra, al tavolo? Potrebbe essermi caduto mentre ero seduto». Il copione si ripete ogni giorno, soprattutto attorno a certi specifici punti cardinali della città storica: piazzale Roma, Santa Lucia, San Marco, ovviamente. La risposta del personale, purtroppo, è sempre negativa: sul pavimento non c’è mai stato niente, non è lì che vanno cercati i borsellini spariti nel nulla.
La stessa dritta la si dovrebbe allungare anche a quella comitiva che, avendo intercettato il gesto dei tagliaborse, ha rimediato una spruzzata di spray al peperoncino: moderne puzzole, i ladri sorpresi con le mani nelle zaini ringhiano, insultano, a volte sputano e, da un po’ di tempo a questa parte, si guadagnano la fuga con un getto di liquido urticante. Con o senza la refurtiva. Anche questo è uno schema ripetuto, l’ultimo caso proprio domenica sera, all’imbarcadero Actv dell’Accademia: una ventina i turisti investiti dalla nuvola corrosiva, che tra lacrime agli occhi, colpi di tosse e macchie viola sul volto si sono trovati costretti a rinunciare all’inseguimento.
Con le borse orfane, i marsupi svuotati e le giacche alleggerite, i derubati ripiegano in caserma, in questura, si aggrappano alla polo bianca degli agenti della polizia locale che sorvegliano la piazza. Chi ancora si stropiccia le palpebre arrossate presenta denuncia per furto, quelli che ancora sperano che il portafoglio se lo sia mangiato un masegno, invece, compilano il modulo per lo smarrimento.
Borseggiati
I più fortunati, alla fine, sono quelli che hanno scambiato i proprio soldi con un paio di spintoni: in quel caso, se ci si è messo di mezzo un poliziotto o un carabiniere, la querela può parlare di rapina. E per un paio di borseggiatori l’espediente è servito: su oltre 150 fermati, dall’inizio dell’anno, gli unici che sono finiti davvero in arresto sono proprio quelli a cui è stata contestata questa accusa.
Negli altri casi ci si mette di mezzo la legge Cartabia: il canadese che si è bruciato una giornata di ferie veneziane al consolato, per un sostituto del passaporto volato via, di certo non sarà di nuovo in laguna dopo due mesi, per riempire lo scranno che l’aula del tribunale riserva alla parte lesa.
I portafogli ammassati in calle della Malvasia Vecchia hanno più di qualche settimana: la polvere e le ragnatele testimoniano il tempo passato dal furto e dal successivo abbandono. Ci dovranno restare ancora per un po’: il nascondiglio è stato scoperto dai Veneziani non distratti alla fine della scorsa settimana, e subito la segnalazione è stata passata all’Arma; ma si tratta di uno spazio privato, per far aprire la controporta di ferro serve la chiave del proprietario, se i militari sfondassero tutto poi dovrebbero pagare i danni. L’urgenza, l’emergenza che danno riserva di legge, ormai sono sfumate: chi doveva rifarsi la patente, ormai, ha sicuramente già provveduto, a spese proprie. —
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