«Venezia non è accessibile» Uno studio Iuav sui ponti

Venezia città inclusiva. Ma non ancora accessibile. Le barriere architettoniche rappresentano un ostacolo alla mobilità delle persone con handicap, ma anche degli anziani e dei residenti con carrozzelle e carretti. Nella città d’acqua, insieme di isole collegate da 430 ponti, il problema dell’accessibilità urbana non è ancora stato risolto. Nonostante anni di sperimentazioni, tentativi e progetti. Ascensori e sedili mobili, rampe, gradini agevolati o ribassati, fino alla sfortunata ovovia del ponte di Calatrava, mai entrata in funzione.
Adesso uno studio avviato da un gruppo di docenti dell’ Iuav fa il punto sulla situazione e avanza proposte. Un volume di 330 pagine con foto, rilievi, piante. E la mappa completa dei ponti accessibili e dei sistemi utilizzati fino ad oggi. «Lo abbiamo consegnato anche al Comune, aspettiamo una risposta», sorride Valeria Tatano, coordinatrice del lavoro di ricerca attuato insieme a Francesca Peltrera e Rosaria Revellini. Obiettivo, fornire un supporto scientifico alle decisioni. «Un tema che riveste una importanza enorme», spiega la docente, «per i residenti, in gran parte anziani. E anche per i visitatori che spesso sono bloccati tra un ponte e l’altro. A Venezia l’accessibilità acquea è ottima, quella di terra lascia molto a desiderare». Appelli, leggi e decreti, regolamenti attuativi del ministero per i luoghi museali. Rampe di accesso, ascensori. Ma il grande problema resta quello: i ponti.
Lo studio di Valeria Tatano analizza uno per uno i ponti «accessibili». Ventidue esempi, uno diverso dall’altro, dove si è tentato di facilitare l’accesso alle persone disabili. Ecco allora il nuovissimo ponte di San Pietro, a Castello, con gradini ribassati. Così il ponte Papadopoli e il ponte delle Guglie (dove la pendenza però è maggiore). L’esperimento di San Felice, dove il gradino in pietra riguarda solo una parte del ponte, peraltro fra i più larghi della città. Ma anche il ponte dei Giatdini. La passerella sui rio della Zecca e il ponte della Veneta Marina, Santa Caterina a Mazzorbo e il ponte Longo a Burano. L’ascensore del Ponte Longo alla Giudecca, che non funziona più da anni. E l’ovovia del ponte dei Calatrava (della Costituzione). Richiesta dalle associazioni e realizzata tra le polemiche, mai entrata in funzione a dieci anni dall’inaugurazione.
«Nei grandi ponti menufatti il tema è rimasto irrisolto», dice la Tatano, «come ad esempio il ponte dell’»Accademia, appena rifatto. Bisogna avere il coraggio di affrontarlo». Invece la storia delle barriere architettoniche resta una incompiuta. L’esperimento del caregon sul rio del Giustinian, voluto da Enzo Cucciniello, gli ascensori mai usati, i servoscala per superare i ponti a Rialto e in Bacino Orseolo. Anche questi mai usati.
Infine, il gradino ribassato con la gomma. Esperimento «rimovibile», attuato con qualche successo al ponte della Paglia. Grande soddisfazione espressa dagli interessati, compresi i trasportatori (carretti) i disabili in carrozzina. «Ma non si è decisa una strategia comune», concludono i docenti, «si tratta di scegliere il sistema ritenuto più efficace e meno impattante. Uniformare gli accessi ai ponti, pur considerandone il contesto. Solo così Venezia diventerà accessibile». —
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