La Lega veneziana si oppone alla nuova moschea: ma nel centrodestra rimane isolata

Bazzaro (Carroccio): «Rischio integralismo». Speranzon (FdI) a favore: «Meglio prevenire la diffusione di luoghi abusivi»

Mitia Chiarin
Un’immagine di come potrebbe essere la nuova moschea che la comunità bengalese vuole realizzare in via della Giustizia, al posto dell’ex segheria
Un’immagine di come potrebbe essere la nuova moschea che la comunità bengalese vuole realizzare in via della Giustizia, al posto dell’ex segheria

Di ufficiale, per ora, vi è il preliminare. La comunità bengalese ha sottoscritto con la proprietà dell’ex segheria Rosso di via Giustizia, il preliminare di acquisto del grande spazio che sarà trasformato in Centro di preghiera.

Dopo la firma dal notaio, ora partirà il crowdfunding per reperire, con le donazioni della comunità musulmana, i 5 milioni necessari. Ma serve il via libera del Comune. E il centrodestra che governa la città si divide subito.

Alex Bazzaro, capogruppo del Carroccio, alza le barricate. «Come gruppo della Lega ribadiamo con forza la nostra contrarietà a nuovi luoghi di preghiera islamici a Venezia anche a fronte delle continue violazioni verificatesi nella moschea abusiva di via Piave. Ad un anno dalla fine del mandato di questa amministrazione, abbiamo il dovere di occuparci delle priorità dei nostri concittadini non di dare avvallo a nuovi centri islamici senza controlli», dice.

E precisa: «Il rischio di ritrovarci una moschea senza imam che parlino l’italiano, senza rispetto della nostra Costituzione e con il rischio di infiltrazioni di musulmani radicalizzati è per noi inaccettabile».

La libertà di culto è sancita dalla Costituzione ma la Lega vuole accordi tra Stato italiano e mondo islamico. E conclude. «Chi fa parte della nostra città non può continuare a chiedere diritti senza accettare i doveri per una convivenza improntata sulle nostre leggi e sui nostri valori».

E il resto del centrodestra veneziano? Apre al dialogo e alla valutazione del progetto.

Il senatore Fdi Raffaele Speranzon dice: «Da parte mia nessuna chiusura preconcetta alla costruzione di una moschea, a condizione che il progetto rispetti pienamente le normative vigenti, garantisca la massima trasparenza nei finanziamenti e si favorisca l’uso della lingua italiana nelle attività non strettamente legate alla liturgia, come ponte di dialogo con le istituzioni e la cittadinanza. Se costruita in una zona abbandonata o degradata, può anche favorire la riqualificazione urbana. Oltretutto un luogo adeguato e riconosciuto può prevenire la diffusione di centri improvvisati e potenzialmente opachi, che non rispettano gli standard urbanistici e igienici, risultando più esposti a rischi di infiltrazioni estremiste».

Si rischia una crisi di giunta? Lo esclude Michele Zuin, segretario di Forza Italia. «Noi siamo d’accordo che ci sia un luogo di preghiera», precisa. «Su questo ci deve essere un’interlocuzione con l’amministrazione su quello che materialmente vogliono fare. Certo non possiamo permettere un luogo con le cupole e i minareti ma che possa inserirsi nel contesto della nostra città con tutte le prescrizioni di sicurezza».

Il sindaco Luigi Brugnaro ha già detto di essere favorevole a valutare progetti di moschee in via Giustizia. E per i fucsia, l’assessore alla coesione sociale Simone Venturini dice: «Aspetteremo di ricevere e capire il progetto. Sono dell’idea, comunque, che sia meglio un luogo gestito seriamente, presidiato, con dinamiche e regole chiare, aperto al pubblico, dove si predichi in italiano piuttosto che tante moschee clandestine mascherate da centri culturali in tanti sottoscala dei nostri condomini».

Il Comune sia regista della trasparenza, dice Giuseppe Saccà per il Pd. «In una città come la nostra, multiculturale e in continua trasformazione, c’è certamente bisogno di luoghi di culto facilmente accessibili che rispondano alle esigenze di tutte le comunità. È però fondamentale che l’amministrazione svolga un ruolo da protagonista che finora non ha minimamente esercitato, garantendo che progetti di questo tipo procedano con la massima trasparenza sia per quanto riguarda i finanziamenti, sia per ciò che concerne la futura gestione degli spazi. Parliamo infatti di una comunità musulmana composta da circa 14.000 residenti, con origini e sensibilità diverse».

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