Venezia e la rete logistica nera Casson: «Riservato e convinto»

L’ex magistrato ricorda le indagini di quegli anni e il ruolo della città Il medico della Giudecca era considerato un appoggio logistico prezioso
Carlo Maria Maggi in una foto d'archivio del 4 maggio 2005. ..ANSA / ANDREA MEROLA
Carlo Maria Maggi in una foto d'archivio del 4 maggio 2005. ..ANSA / ANDREA MEROLA



Sono passati due giorni dalla morte a quasi 84 anni di Carlo Maria Maggi, il medico della Giudecca condannato all’ergastolo il 20 luglio 2017 come mandante della strage di piazza Loggia a Brescia, nel 1974.

Il legame tra la città e il terrorismo nero non passa solo attraverso l’uomo che si è sempre dichiarato innocente. Pochi sapevano e sanno che Venezia in quegli anni era il ritrovo di fascisti provenienti da tutto il Veneto.

Se lo ricorda bene però l’ex senatore e magistrato Felice Casson, classe 1953. È lui che a 26 anni, all’inizio della sua carriera, si ritrova a occuparsi proprio della presenza dell’estrema destra a Venezia e in Veneto.

L’argomento non gli è estraneo. Prima di quel fascicolo si è occupato della strage di Peteano a Gorizia. «Proprio perché Venezia era considerata la base logistica della destra si cercava di non creare problemi in città e di non dare nell’occhio» spiega Casson «In realtà a Venezia il movimento poteva contare sul medico, Maggi appunto, che medicava i fascisti che avevano bisogno di cure nascoste, sul passaggio di armi, sulla possibilità di avere un alloggio offerto a chi veniva da fuori e sulla locanda Scalinetto, vicino a Campo della Bragora, punto di ritrovo. Per questi motivi il territorio doveva rimanere integro».

Il centro del passaggio di armi era il poligono del Lido, dove i magistrati stessi andavano a esercitarsi, senza sapere che chi lo gestiva era il cuore del problema: «Le armi che giravano al Poligono erano gestite da un giro della destra in cui rientravano anche Carlo Maggi e Carlo Digilio fino a Gilberto Cavallini» prosegue l’ex magistrato «Non furono anni facili, anche per il mio lavoro. A un certo punto, quando nella strage di Peteano fece capolino il coinvolgimento di alcuni dei carabinieri, il giorno dopo mi tolsero la scorta».

Casson è un magistrato scomodo. Per la stessa indagine sull’estrema destra gli viene notificato il trasferimento per incompatibilità ambientale: «Risposi con un dossier di 500 pagine che si chiudeva con la domanda: sono incompatibile io con Venezia o sono incompatibili con Venezia le mie indagini? Ebbi uno scontro con la Procura, eccetto con uno».

Le indagini proseguono negli anni, tra accuse e assoluzioni, fino alla condanna all’ergastolo. «Maggi era un uomo molto benvoluto nella sua isola» ricorda Casson «Era molto riservato, si presentava in maniera modesta, ma non appena ci parlava era evidente che ti trovavi davanti una persona molto intelligente e molto attaccata alle sue idee, quelle di Ordine Nuova, al punto che contestava lo schieramento della destra della politica italiana. Lo faceva sempre in modo pacato, ma convinto. Era stato accusato di associazione eversiva e di traffico di armi e munizione, ma negava ogni cosa».

Per Casson con la morte di Maggi si chiude un’epoca storica: «Oggi siamo distanti anni luce da quel clima politico che terrorizzò l’Italia» spiega «Quegli anni nacquero dallegrandi differenze sociali e per i tanti contrasti sociali che non erano stati sanati, dall’insoddisfazione profonda che c’era tra i lavoratori. Quando questi contrasti si lasciano montare non si sa mai dove si può arrivare, anche se in Italia non arrivammo mai al punto della Grecia». Erano anni in cui i magistrati erano nel mirino e si poteva morire ammazzati «Se ho avuto paura?» conclude «La paura c’è sempre, ma se uno ci pensa non fai il magistrato». —



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