Nelle case di riposo veneziane manca il personale: con l’estate ferie e ingressi sono a rischio

La carenza cronica di Oss e infermieri diventa una vera e propria emergenza. Pochi posti letto e il 63% è nel privato «Servirebbero 600 dipendenti in più»

Maria Ducoli

 

Un difficilissimo gioco a incastro, un tetris che ha un solo obiettivo: la tenuta del sistema socio assistenziale nelle case di riposo. Se la carenza di personale è ormai cronica, in estate è una vera e propria emergenza, tanto che i piani ferie diventano, se non impossibili, delle corse a ostacoli per chi gestisce le rsa.

L’Allarme dei sindacati

«Il periodo estivo è complesso, con il vuoto organico che si fa sentire ancora di più e diventa una voragine», spiega Chiara Cavatorti (Cgil Fp), «e a rimetterci sono, ancora una volta, gli operatori stessi, tra doppi turni, mancati riposi e carichi di lavoro eccessivi». Per la Cisl Fp, nelle 52 case di riposo della provincia di Venezia (di cui 35 nel territorio dell’Usl 3 e 17 in Veneto Orientale) mancano all’appello almeno 600 tra infermieri e Oss.

Tanti ne servirebbero «per far uscire il sistema dal costante clima di emergenza in cui versa», avverte Paolo Lubiato. La preoccupazione c’è, ed è lecita: se il numero di dipendenti è inferiore a quello previsto dagli standard regionali, il rischio è la contrazione dei posti letto e il rallentamento degli ingressi, situazione che si è già verificata un anno e mezzo fa alla Carlo Steeb del Lido. Questo comporta il venire meno del servizio socio assistenziale per la popolazione che, si sa, ne ha sempre più bisogno.

I posti letto

La necessità è evidente e viene confermata dai numeri: sono 4.630 i posti che servirebbero nel territorio dell’Usl 3, ma quelli attualmente attivi sono 3.985 e le impegnative regionali si fermano a quota 3.379. Non solo: stando a un recente studio della Cisl, Venezia è la provincia del Veneto con il più alto tasso di privatizzazione dei servizi residenziali per anziani: il 63% dei posti letto è privato, contro la media regionale del 49%. Il salto verso il privato è stato fatto in meno di dieci anni, dal momento in cui nel 2016 i posti non pubblici erano pari al 56%. E dei 484 nuovi posti letto previsti dai Piani di Zona 2023-2025, 3 su 4 verranno realizzati in strutture private.

«Sembra quasi che la città metropolitana di Venezia sia diventata un terreno di conquista delle aziende private che hanno capito che i servizi per gli anziani, soprattutto non autosufficienti, sono un business in crescita, perché cresceranno i bisogni», ha commenta con preoccupazione Tina Cupani, segretaria Cisl fp del Veneto.

Se la situazione è quella che è, per la Cgil Fp la responsabilità è anche della Regione che «non ha mai costituito una regia vera e propria per occuparsi della situazione», sottolinea Cavatorti.

«Non sono state messe in atto azioni concrete, ciò che hanno fatto è stato abbassare gli standard assistenziali, con il conseguente peggioramento della qualità del lavoro per i dipendenti e del servizio offerto agli ospiti».

Solo lo scorso 31 maggio, la Giunta regionale aveva approvato un finanziamento di 71 milioni di euro per assicurare la continuità delle azioni legate ai Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali, sostenute dal Fondo per la non autosufficienza che copre, prevalentemente, le impegnative di cura domiciliare. Nel 2025, però, il finanziamento annuale del Fondo ha visto il segno meno, con una leggera diminuzione dell’1% rispetto all’anno precedente: 994.451,32 euro in meno.

I contratti

L’altra nota dolente del sistema socio assistenziale è legata al contratto: nelle case di riposo viene applicato quello degli enti locali, che prevede circa 200 euro in meno rispetto a quello della sanità. Così, gli ospedali diventano una meta ambita soprattutto dagli operatori socio sanitari. Anche la forbice tra gli stipendi offerti nelle strutture private e quelli nelle strutture pubbliche è molto ampia: fino a 400 euro, a parità di orario, a favore di queste ultime. Un divario destinato ad aumentare in seguito all’approvazione del contratto della sanità, che prevede un aumento di circa 180 euro in busta paga.

Più valore alla professione

Per i sindacati, il Governo si trova davanti a una sfida: da un lato gli infermieri, che chiedono investimenti e una revisione della loro formazione; dall’altro gli Oss, che lottano per il riconoscimento della loro professione, per il chiarimento delle competenze, per normative certe e un aumento stipendiale che vada a coprire l’inflazione. La posta in gioco è alta: la tenuta del sistema socio assistenziale. —

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