Un viaggio di emozioni nella Collezione segreta

E’ anche un omaggio all’arte italiana del dopoguerra e al contributo che Peggy Guggenheim seppe dare ad essa attraverso le sue scelte di raffinata collezionista e la sua “collana” di amicizie artistiche, la mostra Arte europea 1949-79 che viene ospitata da domani negli spazi espositivi di Ca’ Venier dei Leoni in occasione della completa riapertura del museo e del Giardino delle Sculture Nasher dopo i lavori di ristrutturazione degli ultimi mesi.
L’esposizione – che domani sarà aperta gratuitamente al pubblico dalle 17 alle 20 proprio in occasione del completato riallestimento della raccolta – è curata dal direttore del museo Philip Rylands e permette di ammirare fino al 6 maggio molte opere che raramente vengono esposte, ripercorrendo gli anni “veneziani” di Peggy attraverso di esse, e integrandole anche con altre frutto di donazione fatte in anni successivi, dopo la scomparsa della grande collezionista nel 1979.
L’esposizione si apre con una scultura e un disegno, rispettivamente, di Alberto Giacometti e Marino Marini e si concentra soprattutto nelle prime tre sale sull’arte italiana e veneziana del secondo dopoguerra secondo i gusti di Peggy, con un autentico capolavoro di Vedova prima del definitivo approdo all’informale, accanto a un’opera altrettanto significativa di Tancredi, e a dipinti di Bacci, Pizzinato, Santomaso.
Alle loro opere si accostano i dipinti di Carla Accardi – anch’esso tra i più importanti tra quelli eseguiti da questa artista – Afro, Enrico Baj, Piero Dorazio e con una sala di sculture di Mirko, esposte in alcuni casi con i bozzetti preparatori.
Il percorso espositivo prosegue con una sala dedicata ai protagonisti dell’arte inglese degli anni Cinquanta - anch’essi cari a Peggy - da Kenneth Armitage a Francis Bacon, da Alan Davie a Ben Nicholson e Graham Sutherland. Quindi, una sala dedicata agli artisti del movimento CoBrA, nato alla fine degli anni ’40, tra Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam, con opere di artisti come Karel Appel, Asger Jorn, Corneille e soprattutto Pierre Alechinsky, presente in mostra con un’opera magnifica, “Vulcano azteco”.
Ma compaiono anche alcuna raffinatissime opere informali di una grande e in parte ancora misconosciuta artista come Bice Lazzari – che proprio la Guggenheim ha contribuito a rivalutare –- e di Toti Scialoja, accanto a sculture raramente esposte di Arman, Alberto Guzman e Zoltan Kemeny e ai collage strappati di Mimmo Rotella e Gwyther Irvin.
E’ dedicata invece soprattutto all’optical art l’ultima parte della mostra con opere ancora della stessa Lazzari, di Victor Vasarely, Franco Costalonga, tra gli altri, ma anche con la presenza dei monocromi di Albers, Fontana – con uno dei primi “Concetto spaziale”, con i caratteristici buchi, del ’55 – e Bonalumi. Ma in mostra anche una “sfera” di Arnaldo- pomodoro e una delle opere più raffinate del linguaggio di Gastone Novelli.
Tra le curiosità, anche delle preziose incisioni su carta di Chillida, preparatorie di un lavoro che lo scultore spagnolo doveva realizzare per la Guggenheim e che poi non vide mai la luce.
La mostra si chiude con una sezione a parte, un omaggio dedicato a Marion Richardson Raylor, artiste versatile ed eclettica, scomparsa due anni fa e a cui la Guggenheim, che ha ricevuto in dono le sue opere, dedica la prima monografica proprio a Venezia.
Una sorta di “viaggio” personalissimo nelle diverse correnti artistiche, dall’espressionismo astratto, a nature morte di sapore cubista a piccoli disegni di gusto intimista. Completano nel Giardino l’esposizione, alcune sculture aggiunte per l’occasione, tra cui quelle di Germaine Richier, Tony Caro, Bryan Hunt, Jenny Holzer, Mirko e Barry Flanagan. Una mostra che merita di essere vista, anche perché molte di queste opere torneranno poi forzatamente “invisibili” per molto tempo, per lasciare spazio ad altre di questa ricchissima collezione, continuamente innervata da nuove donazioni.
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