Truffa da 35 milioni Patteggia 4 anni e 4 mesi
di Roberta De Rossi
Venezia
Se il giudice per le udienze preliminari Scaramuzza confermerà l’intesa raggiunta tra l’avvocato difensore Guido Galletti e il pubblico ministero Giorgio Gava - 4 anni e 4 mesi di reclusione, la differenza per raggiungere la libertà già smaltita agli arresti con la carcerazione preventiva - avrà di che festeggiare Matteo Buriollo, il sandonatese accusato di aver messo in piedi una gigantesca truffa nazionale da 35 milioni di euro: 189 episodi contestati dal pm Gava per 212 capi d’imputazione con l’accusa di associazione per delinquere, riciclaggio e truffa aggravata che coinvolgono ben 25 imputati.
Un raggiro avvenuto - secondo l’accusa - attraverso l'acquisto di macchine per il movimento terra, escavatrici e camion che risultavano esistere solo in documentazioni false. E Matteo Buriollo è stato accusato di essere l'ideatore di tutto: e lui si è assunto ogni responsabilità, scagionando la famiglia. Anche la madre di Buriollo, Graziella Rossetto, ieri ha presentato istanza di patteggiamento al gup (1 anni e 8 mesi): complessivamente sono 10 gli accordi raggiunti tra le difese e la Procura, mentre Franco Cacco ha chiesto il rito abbreviato (è accusato solo due episodi marginali di riciclaggio, per lui il pm Gava ha chiesto una condanna a 5 mesi, ma la difesa respinge le accuse) ed altri 14 imputati hanno chiesto il proscioglimento o comunque di andare a giudizio davanti ad un collegio di giudici, convinti di poter dimostrare in aula la propria innocenza. Il giudice per le udienze preliminari Scaramuzza ha rinviato la corposa udienza al 28 novembre, all’1e al 7 dicembre, per quando è prevista la decisione finale su patteggiamenti, rito abbreviato e rinvii a giudizio.
Ad aprire la strada al patteggiamento per Buriollo, l’offerta di risarcimento danno avanzata a tutte le parti offese: alcune hanno già accettato, per altre la trattativa è ancora in corso. Le indagini sono scattate da alcune denunce di società e compagnie assicuratrici dopo che le imprese non pagavano più, dopo aver versato due o tre quote, le rate dei leasing. La truffa prevedeva la falsa certificazione dei documenti necessari ad ottenere i leasing, comprese le dichiarazioni di conformità Ce dei macchinari.
Ottenuti i finanziamenti, si cessavano i pagamenti. Sono 12 (9 ditte individuali e 3 società) le imprese veneziane, padovane e trevigiane, che secondo le Fiamme Gialle si sono prestate a fornire alle società di leasing dei beni inesistenti o comunque non di loro proprietà.
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