Traffico di droga, chiesti 10 anni di condanne

I due imputati accusati di cessioni e intermediazione nell’importazione dall’Albania
Interpress/Mazzega Mion Venezia, 21.03.2013.- Questura di Venezia, Conf.Stampa Operazione "UNDERGROUND"
Interpress/Mazzega Mion Venezia, 21.03.2013.- Questura di Venezia, Conf.Stampa Operazione "UNDERGROUND"

Quasi dieci anni di richiesta di condanne per due dei componenti della banda sgominata nel 2013 dalla Squadra mobile veneziana che gestiva l’importazione della droga - soprattutto marijuana ma anche cocaina - dall’Albania ai mercati del Nordest. Ieri il pubblico ministero ha presentato le proprie richieste per Ridvan Ago, albanese classe 1981 (avvocato Mauro Serpico), a tre anni e tre mesi di reclusione, mentre per Enrico Andriolo, 45enne veneziano (avvocato Guido Galletti) a sei anni e tre mesi. L’udienza davanti al giudice monocratico è stata rinviata al prossimo 1° giugno, quando sarà la volta delle requisitorie delle difese. A Ridvan (attualmente latitante dopo la condanna a 4 anni e 6 mesi sempre per droga a Treviso), la pm Francesca Crupi contesta la cessione di tre chili di marijuana in concorso con altre persone che non sono state identificate. Andriolo, invece, avrebbe avuto una funzione di intermediario e trasportatore dei carichi di droga. In particolare avrebbe prelevato lo stupefacente a San Donà e lo avrebbe trasportato in un bar vicino all’ufficio postale in viale San Marco, a Mestre, dove lo consegnava ad altri componenti della banda.

La Squadra Mobile aveva ricostruito i traffici dell’organizzazione dedita all’importazione di droga dall’Albania. In pochi mesi la banda era stata capace, secondo la polizia, di far arrivare a Nordest una tonnellata di droga, nascondendo il traffico illecito sotto ad una regolare attività. I depositi della banda erano a Mestre, Martellago e San Donà. L’indagine - che aveva portato a dieci arresti tra italiani e albanesi - era iniziata con il rinvenimento, mesi prima, di 150 grammi di cocaina custoditi in alcuni vasetti interrati nelle campagne del Sandonatese. Di qui il nome “Underground”, ovvero “sotto terra”, all’operazione. Dal sequestro erano scaturite le indagini che avevano permesso di ricostruire la filiera fino ai vertici. (ru.b.)

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