Stangata ai proprietari di immobili vincolati
È in arrivo una nuova “stangata” fiscale per centinaia di proprietari di immobili storici a Venezia, ma questa volta la colpa non è del Governo Monti - anche se il decreto sulla spending review ha comunque congelato fino al 2015 l’erogazione di qualsiasi contributo agevolato per restauri di immobili vincolati - ma dell’interpretazione errata di una norma collegata alla Legge Speciale del 1973 e fissata da un decreto dell’anno successivo. Un errore di cui ci si è però accorti solo ora e che potrebbe costringere molti proprietari a restituire al Ministero dell’Economia - se li richiederà - i contributi agevolati per restauri ricevuti in questi anni e a restituire al Comune di Venezia le ultime cinque annualità arretrate di Ici-Imu, pagate per intero e non più con lo “sconto” dovuto agli immobili di pregio storico-artistico. A lanciare l’allarme, pochi giorni fa, è stata l’Assoedilizia, citando il caso del proprietario del trecentesco palazzetto De Pisis, a Dorsoduro, vincolato in base al decreto ministeriale del 28 marzo 1974 per la salvaguardia di Venezia, che avendo presentato pochi mesi fa domanda alla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia per l’autorizzazione all’esecuzione di opere di rifacimento di una pavimentazione - pronto poi a chiedere il relativo contributo - si è sentito rispondere che il suo vincolo non poteva essere equiparato a quello derivante dalla legge 1089 del 1939 sui beni sottoposti a tutela, e che esso aveva solo valore ai fini urbanistici e ambientali. Niente permesso da chiedere e niente contributo, dunque. I casi analoghi a Venezia - come nota l’Assoedilizia e come conferma la Direzione regionale dei Beni Culturali del Veneto - sarebbero centinaia e per questo anche il Comune si appresterebbe a presentare il conto ai proprietari di questo immobili, chiedendo gli arretrati dell’Imposta sulla casa. «Se il vincolo è venuto meno o non ha ragione di sussistere ai fini fiscali per questi immobili - commenta il vicesindaco e assessore al Bilancio Sandro Simionato - il Comune è tenuto per legge a chiedere gli arretrati dell’Ici non versata». Ma oltre all’Ici-Imu, anche ai fini dell’Irpef e dell’imposta di successione, oltre che per la stipula di contratti di affitto, i proprietari di immobili storici a Venezia che rientrano nel vincolo fissato dalla Legge Speciale, potrebbero dare l’addio definitivo alla fiscalità agevolata, anche se sarebbe nel loro interesse chiedere comunque, con altra procedura, il vincolo “classico” dei Beni Culturali sui loro alloggi, quello fissato, appunto, dalla legge 1089 del 1939, che non è in discussione. Ogni anno, a livello regionale, le Soprintendenze erogano nel Veneto circa 4 milioni di contributi per restauri di immobili vincolati, e Venezia fa naturalmente la parte del leone.
Ad accorgersi dell’anomalia sulla richiesta di contributi da parte dei proprietari di questi immobili storici a Venezia è stata la stessa Direzione regionale dei Beni Culturali, che non trovava un solido fondamento giuridico di tutela all’elargizione di questi fondi, se non il decreto del 1974 e per questo ha chiesto sulla questione un parere al Ministero, per evitare di erogare finanziamenti non dovuti. Il vincolo per questi immobili fa appunto riferimento a un decreto ministeriale del 28 marzo 1974, che seguiva la Legge Speciale del ’73 e che fissava tra l’altro un elenco di immobili vincolati per il loro interesse storico-artistico. Ma il vincolo era riferito alla loro tutela urbanistica e ambientale e non era invece equiparabile a quello della legge 1089, che prevede appunto il regime fiscale agevolato e i contributi per i restauri. Questo è stato il verdetto del Ministero e centinaia di proprietari stanno ricevendo dalla Soprintendenza una comunicazione simile a quella del proprietario di palazzo De Pisis. Per decenni l’equivoco è continuato senza che nessuno - tra Roma a Venezia - se ne accorgesse e i contributi e la fiscalità agevolata per i proprietari di questi immobili vincolati con la Legge Speciale sono diventati la regola. Ma purtroppo non è così e il Ministero dei Beni Culturali - come scrive - esclude «che l’inserimento in elenco ai sensi della citata normativa sia in grado di produrre effetti equivalenti all’accertamento dell’interesse storico-artistico disciplinato dalla normativa di tutela».
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