Sono 340 i giovani under 26 seguiti dal Serd «Un terzo di loro arriva grazie ai genitori»

l’analisi
«Al Serd (Servizio per le dipendenze) dell’Usl 3 Serenissima seguiamo 340 ragazzi sotto i 26 anni. Un terzo arriva da solo; un altro terzo è inviato dalla famiglia e gli altri sono segnalati da Municipalità, servizi sociali o scuole». Alessandro Pani, direttore del Dipartimento Dipendenze della grande azienda sanitaria veneziana conferma che sul tema delle droghe l’impegno in rete tra mondo medico, operatori sociali, forze dell’ordine è quotidiano. La domanda di sostanze è decisamente alta se c’è così tanta offerta di droga. «Aumentano gli utenti giovani, sotto i 26 anni, con primi contatti tra i 14 o 15 anni e situazioni di poliabuso, consumo di diverse sostanze», dice Pani. L’ultima emergenza è la eroina “gialla” che in città ha mietuto tante vittime. Da inizio anno, spiega Pani, un centinaio di ragazzi, a piccoli gruppi, sono stati coinvolti in incontri con gli operatori del “Drop In” di Mestre e gli esperti del Serd per essere formati ad affrontare le overdosi. Ai ragazzi viene spiegato come utilizzare la fiala di Naloxone per salvare la vita a se stessi, amici e conoscenti in preda ad una overdose.
In carico al servizio nel 2017 2.300 utenti tra Mestre, Venezia, Dolo, Mirano e Chioggia con problemi di tossicodipendenza su quasi 5 mila utenti complessivi. Ma per lavorare con i ragazzini occorre tornare nelle strade ed entrare nei social network: per parlare con minorenni come quelli che si rifornivano dalla rete di spacciatori sgominata da carabinieri e polizia locale, dalla Riviera del Brenta a Mestre. Molti ragazzi fanno un uso ricreativo di sostanze e può capitare che un undicenne provi a fumare assieme ad amici di poco più grandi. Alcuni sviluppano però dipendenze vere da cannabis e hashish. «Niente di nuovo sotto il sole: la richiesta di cannabis e hashish è sempre molto alta e i servizi tengono d’occhio i consumatori perché possono esserci casi in cui si sviluppano dipendenze con risvolti patologici importanti e solitudine», ricorda Alberto Favaretto del Settore Coesione sociale del Comune di Venezia. Favaretto fa parte dell’Osservatorio sulle dipendenze patologiche che forma, con Pani e tanti altri specialisti, un presidio di vigilanza e cura a livello metropolitano.
Favaretto ricorda che dei clienti, oggi, si parla poco. «Ci si allarma se si vedono gli spacciatori sotto casa. Ma c’è da temere di più, va detto, da un cliente in crisi di astinenza o alla ricerca di soldi. Negli anni Ottanta, il tossicodipendente faceva paura, era socialmente allontanato», ricorda. Oggi «l’uso di sostanze pare socialmente accettabile, perché lo fanno tanti, specie le persone famose». Questo pensano tanti ragazzi che non comprano da pusher ma da conoscenti. «L’amico compra a 5, rivende a 20 e magari taglia la sostanza con chissà cosa. Lo si vive con leggerezza, quasi. E solo l’eroina ha un mercato di nicchia. Da un decennio si assiste al business dei piccoli spacciatori: dalla vendita di tre, quattro dosi ne ricavano una gratis per loro.
Ci sono ragazzi che hanno guadagnato tanti soldi, si sono inguaiati e sono finiti con l’avere problemi con la malavita vera». Ora è tornata operativa l’unità di strada, affidata dal Comune alla cooperativa Cogess e attiva anche in Riviera del Brenta, sulla rotta dei consumatori verso la piazza di Mestre.
Due operatori fissi e una squadra d’appoggio fino a 10 persone, età media 20-25 anni frequenta i ragazzi. Ci parla e li informa. «Strade e piazze, gruppi, feste nei locali, aperitivi nei bar. Tutti i luoghi di ritrovo vedono al lavoro la Unità assieme ai giovani dell’associazione Tipsina», spiega Favaretto, «Possono lavorare di notte, nei giorni festivi, con agilità». E c’è un account su Facebook «dove si cerca di creare una comunità di dialogo. Più utile dei messaggi generici è una prevenzione selettiva, usando un nome slegato da servizi ufficiali per entrare in contatto coi ragazzi, con riservatezza». —
Mitia Chiarin
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