«Soldi in cambio del trasbordo dei migranti» Mare Jonio, indagati Beppe Caccia e Casarini

«Hanno preso soldi per trasbordare dei profughi dalla nave che li aveva raccolti, alla loro e quindi portarli in salvo a terra». Un’accusa infamante per chi ha fatto della solidarietà verso gli altri uno scopo di vita. È l’accusa che la Procura di Ragusa muove contro armatori, comandante e alcuni membri dell’equipaggio della Nave Jonio (ora ormeggiata all’isola della Certosa) che operava soccorsi in mare per conto della “Mediterranea saving humans” (Ong estranea ai fatti). Un’inchiesta nata lo scorso settembre e che vede indagate otto persone, tra le quali l’ex assessore veneziano Giuseppe Caccia, Luca Casarini, storico portavoce dei Centri Sociali del Nordest e sua moglie Alessandra Sciurba.
Degli otto indagati Caccia, Casarini, il comandante di Nave Jonio, Pietro Marrone e Alessandro Metz, socio armatore della Jonio, ieri mattina sono stati perquisiti. Caccia a Cannaregio e a bordo di Mare Jonio e Casarini a Palermo dove abita. La Procura di Ragusa sta indagando su un presunto passaggio di soldi in cambio del trasbordo, l’11 settembre del 2020, di 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima, sulla Mare Jonio che da alcuni anni, opera per conto della Mediterranea Saving Humans. Caccia, Metz, Casarini e Marrone sono stati perquisiti in quanto soci, dipendenti o amministratori, di fatto o di diritto, della società proprietaria ed armatrice della Mare Jonio. L’armatore danese avrebbe pagato la società di Caccia per il trasbordo. Stando all’accusa inizialmente gli italiani avrebbero chiesto 300 mila euro. Alla fine sarebbe stato trovato un accordo per 125 mila euro. Pura fantasia ribattono gli indagati.
La Procura di Ragusa ha disposto perquisizioni a Trieste, Venezia, Palermo, Bologna, Lapedona (Fermo), Mazara Del Vallo, Montedinove (Ascoli) e Augusta. Per l’accusa il trasbordo sarebbe avvenuto «dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, in virtù del quale» quella «della Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo». I 125 mila euro, appunto.
Nell’inchiesta vengono ipotizzati i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione. Le indagini sono state affidate a un gruppo interforze composto da militari del nucleo Pef della Finanza e da poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Ragusa e da personale della sezione Operativa Navale delle Fiamme gialle di Pozzallo e della Capitaneria di Porto di Pozzallo. Le perquisizioni di ieri erano finalizzate a «ricercare ed acquisire ogni elemento documentale e/o su supporto elettronico utile a comprovare i rapporti tra gli indagati e tra essi e la società danese armatrice della Maersk Etienne, nonché di eventuali altre società armatoriali». Al centro dell’inchiesta lo sbarco di 27 migranti il 12 settembre del 2020 nel porto di Pozzallo dal rimorchiatore Mare Jonio che erano stati trasbordati il giorno prima dalla motonave danese Maersk Etienne, che li aveva salvati 37 giorni prima in mare dopo un evento Sar disposto da Malta ed erano in attesa di assegnazione di un porto sicuro. Per la Procura di Ragusa, sulla base di indagini «fin qui svolte, corroborate da intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali», è «emerso che il trasbordo dei migranti effettuato dall’equipaggio della Mare Jonio» sarebbe avvenuto «senza nessun preventivo raccordo con le autorità maltesi, competenti per l’evento Sar, o con quelle italiane ed apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, documentata da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente a bordo del rimorchiatore».
Ma la contestazione più grave mossa dalla Procura di Ragusa: il trasbordo sarebbe stato «effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, accordo in virtù del quale la società armatrice della Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso». —
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