«Si poteva aspettare ancora»

MARTELLAGO. Va bene il percorso che sta facendo in carcere Lucio Niero ma forse si poteva aspettare per il permesso-premio concesso nei giorni scorsi. È questa l’opinione a Martellago del sindaco Monica Barbiero e del parroco di Olmo, don Tarcisio Milani, per una vicenda che, da queste parti, si fatica a dimenticare nonostante siano passati giusto 11 anni. Quella storia (aprile 2006), Barbiero se la ricorda bene: «Forse si poteva aspettare ancora», riflette, «nonostante sia passati più di 10 anni. Niero sta facendo un percorso e credo serva maggiore consapevolezza, tenendo presente che ci sono ancora i suoi due figli».
Martellago si è sempre interrogata su quanto successo allora. Lui, ex gestore del frequentato “Affinity Club” di Olmo, nell’omonima strada, era il classico bonaccione conosciuto da tanta gente. «Chissà, deve avere perso la testa», «Non ci posso credere» erano i commenti dell’epoca da chi bazzicava il bar. Nel frattempo tante cose sono cambiate nella frazione di Martellago; quel locale non c’è più, mentre c’è ancora don Tarcisio Milani, che celebrò i funerali di Jennifer con Hevan. Poco distante la chiesa, ci sono ancora i campi sportivi di via Baracca dove la giovane abitava e dove s’incontrò quella sera di fine aprile. All’epoca Niero aveva 34 anni e abitava a Maerne, sposato e padre di due bimbi, ora divenuti grandi. Da lì nacque tutta la storia, con la sparizione della ragazza, i messaggi alla madre partiti dal telefonino di Jennifer facendole credere di essere all’estero. E poi il ritrovamento di Niero alla stazione di Milano Centrale da parte dei carabinieri di Scorzè, che al tempo avevano competenza pure su Martellago, il cadavere dietro il distributore di benzina della Total Erg di via Circonvallazione a Maerne.
«Sapevo del cammino fatto dall’uomo», fa sapere don Tarcisio, «e arriviamo da un anno dove si è celebrato il Giubileo della Misericordia e si è parlato di perdono. Da un lato questo permesso può essere visto anche da un punto di vista positivo, ma dobbiamo essere vicini anche ai familiari della vittima perché non è facile accettare questa cosa e quanto successo».
Alessandro Ragazzo
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