Showroom turistico nel cantiere di Crea: diffide e cause al Tar

Filippini: «Fermiamo chi specula». La replica: «In regola» Consorzio difeso da legali in studio con Orsoni: «Stupito»

L’ultimo atto è una diffida datata 24 aprile - protocollo 178917/2012 - ma che i destinatari dicono di non aver ricevuto. Diffida con la quale l’assessore al Patrimonio, Bruno Filippini, intima al Consorzio Cantieristica minore di Gianfranco Vianello «Crea» il rispetto della convenzione sottoscritta 20 anni fa - che destina alla cantieristica minore gli 11 mila metri quadrati dati in concessione al Consorzio per 60 anni - dando due mesi di tempo per bloccare i lavori per la realizzazione del grande showroom turistico, che Arti veneziane alla Giudecca Srl sta realizzando. Ma tra due mesi saranno ormai conclusi i lavori in corso nel grande capanno, per trasformare - in parte - quello che era il cantiere di «Crea» in un emporio turistico per la vendita di vetro, forcole e oggetti di artigianato, che si promette prodotti in luogo. La Dia (dichiarazione di inizio attività) bloccata a dicembre dal Comune perché non conforme alla destinazione d’uso e stata nel frattempo sostituita da una Scia, segnalazione di inizio attività che permette l’avvio immediato dei lavori. E così Arti ha anche rinunciato alla richiesta di sospensiva presentata al Tar. E la trasformazione è nei fatti: da un parte il Comune sostiene come la destinazione in convenzione sia vincolante, dall’altra Arti e Consorzio per i quali quel vincolo è stato superato dalla Variante al Piano regolatore per la città storica, che ha inserito l'area dei capannoni ex Cnomv nella tipologia «Unità edilizia di base non residenziale novecentesca a capannone a fronte acqueo», con la possibilità - secondo i ricorrenti - di insediarvi attività commerciali. «La città dovrebbe ribellarsi, insorgere contro le speculazione di chi ottiene dal Comune in concessione - ad affitti modici - beni pubblici destinati alla salvaguardia economico sociale della città e poi ci specula subaffittando e facendo cassa alle spalle del Comune», tuona l’assessore Filippini, «in quell’area il Comune ha investito 12 milioni di legge speciale e 2 degli assessorati per opere di urbanizzazione, illuminazione, depurazione, antincendio, proprio con finalità di salvaguardia di un’attività da proteggere come la cantieristica minore, non per vendere paccottiglia ai turisti. Il consorzio ci dà 4500 euro di affitto per 30 anni e 40 mila per altri 30: non si può speculare sugli accordi». «Qui non si tratta di speculare, ma di salvare il Consorzio dal fallimento in tempi di crisi, introducendo un’attività veneziana, autorizzata dai piani urbanistici», replica Francesco Sanvitto, consigliere del Consorzio, «su quest’area il Consorzio ha investito milioni di euro in strutture e ha un mutuo in atto per 7,5 milioni: abbiamo imprese che non pagano da mesi. L’attività è solo su 600 metri quadrati, il cantiere resta. Se il Comune ha speso più di 3 milioni vuol dire che è stato fregato: il depuratore, neppure funziona».

Una storia tutta veneziana dove i protagonisti si intrecciano. Soci di Arti sono lo stesso Crea e nomi noti nel commercio del vetro - Aldo Dinon, la Rema Srl di Roberto Aseo (con attività di affittacamere Ca’formosa), Vogini Srl con Roberto Malusa - rappresentati nel contenzioso al Tar dall’avvocato Pier Vettor Grimani: «Quando i lavori saranno finiti, l’attività aprirà. E’ in regola».

Intervenuto al Tar anche lo stesso Consorzio, rappresentato (da anni) dagli avvocati Andrea Pavanini e Valeria Zambardi, dello studio Benvenuti: lo stesso del sindaco Orsoni. «Questa notizia mi giunge del tutto inaspettata: sono stupito», commenta con tono secco Orsoni, «evidentemente patrocinano i clienti al di fuori dello studio, che non accetta cause contro il Comune: sono state separate le partite Iva». «Le convenzioni sottoscritte dal Comune vanno attentamente monitorate, per salvaguardare gli interessi pubblici così come pattuiti», dice Orsoni nel merito, «niente è immutabile, gli accordi si possono rivedere, ma con trattative concordate tra le parti e nella logica dell’equilibrio e salvaguardia degli interessi pubblici, non in maniera unilaterale».

Roberta De Rossi

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