Sfrattati dal Patriarcato vivono al freddo tra le macerie

Le macerie nel palazzo in restauro A fianco Giuliano Ghedin e Cristina Nube
«Palazzo Ca' Noale sarà per il Patriarcato un vero business immobiliare. Da sei abitazioni ne ricaveranno dodici utilizzando anche i fondi della Legge speciale. Hanno già sfrattato cinque famiglie. Anche da noi il prossimo 21 gennaio arriverà l'ufficiale giudiziario». Sono disperati i coniugi Giuliano Ghedin e Cristina Nube. In quella casa, a Cannaregio 2290, vincolata di interesse storico, di proprietà del Seminario patriarcale, ci sono i loro ricordi e risparmi. «Abitavamo a San Giacomo dell'Orio al piano terra con la nostra bimba Cristina e l'acqua alta».
«Cercavamo una casa dignitosa - aggiungono - Subito ci ha aiutati il parroco don Aldo Marangoni che ci ha sposati e battezzato nostra figlia. In Seminario ci dissero che dovevamo provvedere al restauro. Non vi manderemo mai via, qui rimarranno anche i vostri figli». Tranquillizzati dalle parole dei sacerdoti la famiglia Ghedin impegnò i risparmi di una vita: «Era il 1996. Il restauro ci costò 50 milioni». Successivamente però il legale rappresentante del Seminario, monsignor Lucio Cilia, li invitava a sgomberare l'immobile per cedimenti strutturali. Alcune famiglie cominciarono a trasferirsi. Aggiunge Giuliano: «Ma alla luce degli avvenimenti odierni le motivazioni intimidatorie di crollo appaiono strumentalizzate». Non la pensa così monsignor Cilia: «Abbiamo sfrattato le famiglie per ragioni di sicurezza». Ma Ghedin si pone alcune domande: «Nel 2008 il Tribunale ha respinto un apposito ricorso della proprietà. Perché ora stanno sventrando completamente il palazzo dal tetto alle fondazioni? E perché le attuali sei unità abitative diventeranno dodici?» Il rettore Cilia continua: «Agli inquilini abbiamo proposto soluzioni abitative alternative». «E' vero - replica il Ghedin - ci hanno accompagnato a vederne una a San Marco in calle Fiubera. La casa era disabitata da cinquant'anni. Sulle scale di legno mia moglie è stata assalita alle gambe da un nugolo di insetti. Sul pavimento della cucina era visibile un orifizio circolare adatto a servizio igienico. Abbiamo vissuto un incubo». Monsignor Cilia conclude: «Lunedì rivolgetevi ai nostri uffici. Il responsabile del procedimento è Andrea Casarin». Intanto Giuliano e Cristina con la figlia abitano dentro il cantiere: «Ieri vibravano i bicchieri. Entra così tanta polvere che abbiamo sigillato la porta con la schiuma. La casa è talmente fredda che per riscaldarci usiamo boulle d'acqua calda. Ci corichiamo con i maglioni. Speriamo che il patriarca Scola accolga il nostro appello».
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