Sessant’anni tra le scarpe Spinea festeggia Marcello

Favaretto voleva riparare motorini, poi provò in macelleria. «Non ero adatto» Dal 1954 ha aperto il suo negozio-calzoleria, attorniato ora da moglie e figlie
Di Alessandro Ragazzo

SPINEA. Resistere alla crisi, con i denti, con forza ma, soprattutto, con entusiasmo, che ancora scorre nelle vene alla bella età di 77 anni. Marcello Favaretto è tutto questo. Lunedì scorso ha festeggiato in un sol colpo il compleanno ma anche i sessant’anni di attività di calzature e laboratorio, nonostante quel negozio abbia aperto nel maggio del 1954 e per questa ricorrenza ci sarebbe ancora da aspettare quattro mesi.

Ma poco importa, perché “Marceo”, così è conosciuto a Spinea e perché questo è il nome dell’attività, ha voluto mettere assieme le due date. Lo ha fatto con la moglie Nerina e le tre figlie Silvia, Cristina e Mara, che ne hanno seguito le orme. In sei decenni il mondo è cambiato, soprattutto nell’ultimo; le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti, le tasse incidono molto sul fatturato annuo, la concorrenza non perdona. Eppure lui continua soprattutto a riparare scarpe, le figlie a venderle.

«Il fatto di essere a gestione familiare», spiega la secondogenita Cristina, «è un vantaggio rispetto a chi deve pagare dei dipendenti. Molti esercizi hanno chiuso, noi resistiamo, andiamo avanti, non ci vogliamo fermare e siamo tra gli storici di Spinea».

La storia di Marcello Favaretto inizia il 15 maggio 1954, quando si mette al lavoro a 17 anni e mezzo in un negozio di Caselle di Santa Maria di Sala. Di scarpe, s’intende, anche se la tradizione familiare era un’altra.

«Da bambino volevo riparare motorini» spiega «ma in un primo momento ero finito in una macelleria e il mio compito era di uccidere capretti e non me la sono sentita: mi facevano pena. Così sono scappato, capendo che non faceva per me».

Un rapporto non troppo felice con il padre, lo fece “emigrare” a Spinea, dove aprì una piccola bottega fuori dal centro, vicino a un mulino, a un forno e a una latteria. Era un paese molto diverso dall’attuale e, dopo il servizio militare, capì che vendere scarpe non bastava e si doveva dare un servizio aggiuntivo al cliente. Nacque la riparazione, a cui pensava lui stesso.

Con lui c’erano la moglie Nerina e due commesse, poi sostituite dalle figlie. L’attività iniziò a ingranare e si spostò in via Roma, dov’è oggi, a due passi dal municipio. E se vedere la sua famiglia impegnata in negozio, come dice lui, è la più grande soddisfazione, Cristina spiega come si fa ad andare avanti. «Il cliente deve essere il numero uno», aggiunge, «anche se in questi anni è diventato sempre più esigente e attento. Ora si punta sulla qualità e, da parte nostra, anche sull’assistenza dopo la vendita».

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