Sara, la psicologa dei pappagalli: «Li aiuto a vivere con gli umani»

Mestrina, è una naturalista specializzata nell’etologia applicata alla relazione con i pennuti. «Animali molto sensibili e “social”, se lasciati soli si intristiscono fino a strapparsi le penne» 

MESTRE. Calopsiti che si posano sul davanzale sbagliato, appelli disperati su Facebook per ritrovare il pappagallino di casa che ha preso il volo perché (causa caldo e afa) ha trovato la finestra aperta, annunci di persone che si scambiano “segni particolari” per riavere con sé il pennuto scomparso. A volte padrone e fuggitivo si ritrovano, spesso non succede. Sara Mainardi, mestrina, naturalista specializzata nell’etologia applicata alla relazione con i pappagalli (in Italia si contano sulle dita di una mano), insegna all’uomo a rapportarsi a questi volatili tanto speciali e così “social” come li definisce, tanto sensibili che se lasciati soli possono intristirsi a tal punto da arrivare a strapparsi le penne. «Da 12 anni» racconta «li studio in natura, vivo e lavoro per loro».

Se potesse, li preferirebbe liberi, ma dal momento che sono in qualche modo animali “da compagnia”, cerca di far trovare ai membri della famiglia allargata il giusto equilibrio. «Il mio lavoro di consulenza», spiega, «porta le persone che scelgono un pappagallo come animale familiare a conoscere le caratteristiche etologiche di specie, la comunicazione di questi animali, e come relazionarsi nel rispetto delle loro varie personalità». Insegna, in sostanza, tecniche di apprendimento per far sì che la vita sia collaborativa e non impositiva. Un esempio? «Se c’è necessità che un pappagallo entri in una gabbia in alcuni momenti della giornata per sicurezza (ricordando che non sono animali da gabbia e che la casa deve essere adattata) è bene che ciò avvenga perché l’animale collabora con noi piuttosto che forzarlo. È altrettanto piacevole per ogni persona appassionata essere seguita in volo o avere una comunicazione vocale (che si apprende) da condividere come il “vieni” , magari volando, o il “ci vediamo dopo” se dobbiamo uscire». Insomma, è una coach, insegna a comunicare con loro e a farsi ascoltare. Un’altra parte del suo lavoro è culturale. «Provo a far sì che chi decide di adottare sia consapevole dell’impegno sociale e di tempo che ci vuole perché i pappagalli abbiano una buona vita in famiglia. Talvolta qualcuno capisce di non avere abbastanza spazio o abbastanza tempo e desiste dall’adottare. Mi spiego: i pappagalli sono animali longevi (e fino ai 70 anni), sociali (vivono in coppie stabili per tutta la vita) che passano in natura tutta la giornata condividendo le varie attività, di riposo, di alimentazione, di pulizia. Si capisce quindi quanto impegno sia necessario perché vivano una vita appropriata».

Cosa si deve fare prima di accoglierne uno in casa? «Una scelta responsabile presuppone il farsi domande. Quanto tempo posso dedicare? Quale spazio posso garantire? Ha bisogno di vivere con altri animali della sua specie ?». Come si fa perché non scappino? «Creare un percorso di riconoscimento dell’ambiente circostante è ciò che ci vuole per iniziare a dargli degli strumenti che facilitino un ritorno a casa nel caso in cui volasse fuori da una finestra. Molti pappagalli, soprattutto d’estate quando le finestre restano aperte, possono inavvertitamente volare fuori. Le difficoltà di ritrovare la strada di casa possono essere date da molti fattori tra cui l’inesperienza in ambiente naturale, vedere l’infinità del cielo senza avere punti di riferimento è difficile da decifrare per un animale vissuto in casa. In questi casi non basta l’affetto che proviamo a farli tornare servono competenze di volo e l’orientamento». —

Marta Artico

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