Riciclò il tesoro di Maniero, in Appello otto anni a Brotini

Confermata la condanna di primo grado per il broker. A inchiodarlo proprio le parole dell’ex boss della Mafia del Brenta

VENEZIA. Per l’accusa è stato il broker che, grazie alla sua esperienza nel mondo della finanza e degli investimenti anche all’estero, ha contribuito a riciclare parte del tesoro di Felice Maniero: di sicuro 11 miliardi di vecchie lire, anche se l’ex “Faccia d’Angelo” ha parlato di 33 miliardi.

A inchiodarlo ci sarebbero le stesse dichiarazioni di “Felicetto”, che nel 2016 ha vuotato il sacco con la Procura per vendicarsi di non aver avuto indietro tutti i soldi, oltre che la chiamata in correità di Riccardo Di Cicco, ex cognato del boss, anch’egli coinvolto nell’inchiesta sui milioni di lire portati in Svizzera. Per la difesa, invece, è stato un «capro espiatorio» – queste le parole degli avvocati Marco Rocchi e Giuseppe Carugno nell’arringa – usato da Di Cicco dopo che gli investimenti dei soldi di “Felicetto” erano stati fallimentari.

Fatto sta che la corte d’appello ha confermato la condanna di primo grado a carico di Michele Brotini, accusato di riciclaggio aggravato, come era stato già chiesto dalla Procura di Venezia a metà febbraio: otto anni di condanna e 14mila euro, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Fin dal primo grado di giudizio, i giudici avevano escluso l’aggravante dell’agevolazione mafiosa così come contestata dalla Procura. «La Mala si era sciolta ben prima dei fatti oggetto del processo», aveva contestato la difesa. Tolta quest’aggravante, cessa l’esigenza del regime di detenzione speciale. I difensori avevano chiesto nuovamente anche la scarcerazione del broker, dietro le sbarre da gennaio 2017 quando venne arrestato dalla Guardia di Finanza assieme a Di Cicco.

Una istanza, questa, che il collegio non aveva affrontato nel dispositivo. Il tribunale non ha concesso le attenuanti generiche all’imputato, che avrebbero comportato la decurtazione della pena. Attenuanti che, invece, erano state riconosciute a Di Cicco – in virtù della sua collaborazione – dal giudice per l’udienza preliminare Massimo Vicinanza che lo scorso aprile lo aveva condannato a 4 anni e 10 mesi con il rito abbreviato. Diversa la scelta processuale di Brotini, che aveva deciso di affrontare il processo in aula, sostenendo la propria innocenza. I primi soldi mandati nelle banche svizzere risalgono infatti al 1995.

Anno in cui, avevano spiegato i difensori in un passaggio delle quasi cinque ore di arringa, il broker aveva consigliato Di Cicco di aprire un conto alla City Bank. «Ma non è stato Brotini a dare indicazioni su come investire», avevano spiegato, «Di Cicco era un sodale di Maniero e gli ha rubato un sacco di soldi, dovendo dare la colpa a qualche altra persona».

La pm Tonini aveva basato l’accusa, oltre che sulle dichiarazioni di Maniero e di Di Cicco, anche sugli esiti delle rogatorie sui conti in Svizzera da cui è emerso tra l’altro come Di Cicco, per l’apertura del conto corrente segreto “Monastero” alla Deusche Bank, fosse stato presentato come cliente da Brotini stesso. —

eugenio pendolini

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